UNA SENTENZA PER L’ANORESSIA

Per la prima volta la Cassazione aiuta chi soffre di anoressia, un disturbo alimentare che riguarda circa 3 milioni di persone in Italia, soprattutto giovani donne e adolescenti. Un male della psiche, che porta a non mangiare fino ad arrivare ad un peso di 30 kg. e, spesso, alla morte.  
Ora la Suprema Corte riconosce il diritto all’invalidità a chi soffre di questi disturbi, con una sentenza clamorosa emessa dal Tribunale di Catanzaro che ha concesso la pensione ad una donna anoressica.
Si è parlato spesso di questa patologia che riguarda specialmente ragazze, circa 900mila adolescenti e il 95% dei casi sono donne; l’età più a rischio è quella compresa tra i quindici e i diciotto anni.
Psicologi, medici e sociologi si interrogano su questa piaga sociale; chi afferma che dipende da un cattivo rapporto con la madre, chi la considera una malattia dell’anima, una forma grave di insicurezza emotiva e chi dà invece la colpa alle immagini di bellezza e perfezione che provengono dalla moda, dalla televisione, insomma da una distorta concezione moderna che impone l’essere per forza belli e magri per piacere ed essere vincenti, un messaggio al quale le adolescenti sembrano molto sensibili e possono diventarne vittime.
Inoltre fa molto riflettere il fatto che questa malattia colpisce solo le ragazze dei ricchi Paesi occidentali, e non riguarda i paesi poveri del Terzo Mondo; viene dunque da pensare che questo rifiuto del cibo, oltre ad essere un rifiuto del corpo, sia anche un rifiuto dell’eccessivo benessere e del modo di vivere occidentale tutto proteso a comprare e a consumare.
Questa sentenza farà discutere e solleverà molte polemiche poiché per la prima volta si riconosce che questo genere di malattia impedisce di lavorare e svolgere una vita normale; infatti, già ci sono stati esperti che hanno criticato la sentenza affermando che, se da una parte è giusto aiutare queste persone in difficoltà, dall’altra potrebbero dare al malato un alibi per non guarire e quindi, concludono gli esperti, sarebbe bene valutare caso per caso.

 

                                                    

                                                                                              Costanza Valente