La realizzazione e la manutenzione degli acquedotti, l’erogazione e la distribuzione dell’acqua, l’applicazione delle leggi, riguardo la vigilanza sul rispetto delle norme, e come ogni altra incombenza, veniva indicata con l’espressione “ cura aquarum”, “ amministrazione delle acque”. Tali norme furono diverse a seconda delle epoche. Nel periodo repubblicano la “ cura aquarum”, era di competenza dei censori, coadiuvati da altri magistrati. L‘operazione veniva condotta attraverso la pratica degli “appalti”, che prevedeva particolari obblighi per gli impresari, e comportava alla fine dei lavori “il collaudo”. Quanto agli edili, si occupavano soprattutto della distribuzione dell’acqua e del funzionamento delle fontane pubbliche. I censori invece si occupavano degli aspetti finanziari della “ cura aquarum” affiancati dai questori. La situazione cambiò radicalmente con l’avvento del regime imperiale. Con Augusto dapprima vi fu una sorta di momentanea “ privatizzazione” dei servizi pubblici, gestito da Agrippa. Egli ebbe così anche il compito di occuparsi degli acquedotti e del rifornimento idrico della città. Dopo la morte d’Agrippa, l’imperatore assunse personalmente le competenze della “cura aquarum” riunite in apposito “ufficio” a capo del quale egli pose un funzionario da lui direttamente nominato: il “curator aquarum”. Il curator aquarum si collocava ai livelli più alti della “carriera pubblica”. Alla fine del terzo secolo, la cura aquarum fu “declassata”, così passò ad un nuovo tipo di funzionario, detto “consularis aquarum”, mentre la cura aquarum, era già passata sotto il controllo del “prefetto della città”. L’ufficio delle acque, aveva come funzione specifica, quella di mantenere in efficienza gli impianti e di provvedere a tutti gli interventi ordinari e straordinari a quelli connessi. Doveva inoltre sorvegliare la regolarità delle erogazioni e la corretta ripartizione dell’acqua alle diverse utenze, pubbliche, imperiali e private. L’ufficio delle acque disponeva di numeroso personale, tecnico, amministrativo ed esecutivo, particolarmente importante, com’ è ovvio, era quello tecnico, comporto d’architetti o ingegneri idraulici, e di specialisti delle varie funzioni.  Tra gli esecutivi, c’ erano, gli “operai”, detti genericamente acquarii, e furono per un certo periodo divisi in due gruppi, che comprendevano addetti e funzioni diverse. Durante la repubblica, l’uso dell’acqua portata dagli acquedotti fu esclusivamente di carattere pubblico, salvo le eventuali concessioni ai privati. L’acqua veniva allora concessa a titolo gratuito e dietro specifica richiesta dell’interessato imperatore. La concessione solitamente elargita a persone importanti, era oggetto di un atto ufficiale. Era strettamente personale, e per ciò cessava con la morte del beneficiario salvo il rinnovo fatto dall’erede. Fin dalla costruzione dei primi acquedotti, lo Stato assunse il diritto di proprietà dell’acqua, diventata così “pubblica”. Furono emanate norme precise sulla distribuzione e per garantire gli impianti contro i danneggiamenti dell’inquinamento. In particolare, venne disciplinata l’erogazione dell’acqua per evitare spreghi, abusi, frodi, furono stabilite le sanzioni per i trasgressori che arrivano a cifre piuttosto elevate. Col tempo andò così formandosi un autentico “codice delle acque”, in cui confluirono decreti del Senato e le leggi “popolari” e poi editti e rescritti imperiali.