I Romani furono abili ingegneri e architetti: per le loro grandiose opere pubbliche, conservatesi nei secoli, svilupparono tecniche di costruzione efficaci ed innovative. Tra le imprese maggiori figurano gli acquedotti, che erano in grado di trasportare acqua dalle fonti di montagna fino alle aree abitate più lontane rifornendo grandi città come Roma. Esperti geometri e topografi detti  "gromatici", dirigevano la costruzione di queste massicce opere murarie utilizzando strumenti molto precisi, come la  GROMA ,che consentiva di tracciare linee dritte e determinare angoli retti. Gli operai erano in grado di sollevare pesanti pietre, grazie a imponenti gru mosse da ingranaggi rotanti azionati da schiavi.
Una volta raggiunta la città, l' acqua veniva raccolta in bacini e vasche e quindi distribuita attraverso un elaborato sistema di tubi sotterranei, che alimentavano le fontane, bagni pubblici e lavatoi.
Roma era servita da ben 24 acquedotti che portavano 984 milioni di litri d' acqua al giorno.
Essendo l' acquedotto considerato un complesso di opere destinate alla, presa al trasporto, alla distribuzione e regolazione delle acque potabili,si preferiva in genere l'utilizzazione di acque di sorgenti o di sottosuolo;in mancanza di queste si potevano utilizzare le acque superficiale (di fiume o lago) , opportunamente filtrate e potabilizzate.
Tra la costruzione del primo e dell' ultimo degli acquedotti di Roma antica, è facile immaginare come sia mutato, progredendo, il modo di affrontare i molteplici e vari problemi in cui è possibile suddividere ed articolare L'ARTE DI CONDURRE L'ACQUA DALLE SORGENTI ALLE CITTA' : il sistema di distribuzione urbana, la scelta dei percorsi,quella dei materiali da costruzione, le tecniche architettoniche e quella più specificatamente di ingegneria idraulica. Ogni nuovo acquedotto rappresentava la"SUMMA" delle conoscenze acquisite e derivate da secoli di esperienze ed osservazioni pratiche.
alla base di ogni realizzazione ci fu la RICERCA delle sorgenti e   delle vene acquifere da utilizzare, che doveva tener conto di requisiti diversi :
- LA QUALITA' DELL'ACQUA
- LA SUA ABBONDANZA E REGOLARITA' NEL FLUSSO
- LE SUE POSSIBILITA' DI "IMBRIGLIAMENTO "E CONDUZIONE LUNGO LA CITTA'
L'INIZIO di un acquedotto detto "CAPUT AQUAE " era costituito da un bacino di raccolta, creato quasi sempre con dighe e sbarramenti artificiali e reso impermeabile da un rivestimento in "cocciopesto".
nel caso di vene acquifere sotterranee, si ricorreva a un vero e proprio SISTEMA articolato di pozzi e cunicoli che convogliavano in un unico "canale".Da questo l' acqua passava di solito in una o più vasche di "DECANTAZIONE" dove venivano fatte depositare le impurità più grossolane.
Aveva quindi inizio il CANALE vero e proprio o "SPECO"(specus)che doveva mantenere una leggera e costante pendenza, un modo da assicurare all' acqua un deflusso naturale e regolare , senza eccessiva velocità del proprio impeto. Da questa esigenza erano condizionati il PERCORSO e le CARATTERISTICHE generali dell'acquedotto .
Il problema maggiore era quello della SCARSA RESISTENZA DELLE TUBAZIONI (tanto più se di grandi dimensioni ) alle forti pressioni delle condotte forzate. Quello delle  tubazioni fu in ogni caso , uno dei punti critici del sistema di conduzione delle acque nel mondo romano . I pericolosi
curvolinei , mentre mostravano il loro punto debole nelle saldature , estremamente difettose .
A questo inconveniente si cercò di ovviare con tubazioni di terracotta , ma la resistenza era spesso insufficiente alle pressioni ; allora i costruttori degli acquedotti furono costretti a tragitti assai lunghi e tortuosi , che seguivano strettamente la tipologia del terreno , procedendo con gradualità dalle parti più alte a quelle più basse .
IL PERCORSO dello speco era , fin dove possibile sotterraneo , con il cunicolo a sezione rettangolare. Solo eccezionalmente lo speco correva a cielo aperto , rivestito da opere murarie , spesso di contenimento . Altre volte esso s'appoggiava ai muri oppure a ponti o viadotti, salvo rientrare, nel cunicolo sotterraneo .
Nella fase di ESECUZIONE dei lavori, il percorso veniva indicato da una serie di pali.
Alla livellazione del condotto provvedeva con la livella "ad acqua "oppure con il "chorobotes", uno strumento più raffinato . Il percorso dell' acquedotto era affiancato e seguito da "strade di servizio " , spesso lastricate che non permettevano l' accessibilità e avvolgevano le necessarie opere di controllo e di manutenzione . Quando l' acquedotto era sotterraneo veniva anche seguito in superficie dai tombini aperti sulla verticale , per le operazione di controllo e di espurgo . Venivano inoltre predisposti , lungo il percorso, degli SFIATATOI che consentivano di interrompere o diminuire il flusso dell' acqua . Per quel che riguardava la manutenzione , lo "SPURGO" doveva essere particolarmente frequente nell'acquedotto "gruppo dell' Aniene " , le cui acque erano straordinariamente ricche di calcio .Le incrostazioni calcaree che venivano rimosse erano generalmente lasciate sul terreno ;in seguito il materiale estratto e curato venne usato quale "pietra"  da costruzione per manufatti rustici .
Il "PERCORSO" di un acquedotto finiva con un "castello" terminale o principale , che era una costruzione massiccia contenente una o più camere di "DECANTAZIONE" e la vasca dalla quale veniva ripartita e immessa nelle condutture urbane .
Le "OPERE DI IMPRESA" si differenziavano il rapporto al tipo di sorgente :quando l'acqua sorgeva direttamente dal terreno o filtrava attraverso rocce di una falda montana, si liberava la sorgente dagli eventuali ostacoli e l'acqua veniva raccolta in una vasca detta "di calma" dove perdeva la turbolenza  e quindi filtrata in una vasca di sedimentazione .
Le prese dell'acqua erano costituite da tubi di bronzo "CALICES", applicate ad una apertura orizzontale ed a un' altezza calcolata in modo da evitare cali di pressione o variazioni di velocità dell' acqua .
I "castelli secondari" servivano invece ad un ulteriore ripartizione del flusso idrico. Derivazioni speciali davano in fine luogo a veri e propri "rami" secondari dell' acquedotto sia per servire direttamente particolari zone urbane, sia per alimentare impianti pubblici di particolare , quali erano le grandi "TERME". Qualche volta volta il "castello" terminale assunse esternamente l' aspetto di una  fontana monumentale.