nella storia

Nella seconda metà degli anni sessanta l’economia degli Stati Uniti e dell’Europa occidentale attraversò un brutto periodo: nuove leggi emanate dal Welfare State britannico e notevoli diseguaglianze tra vari paesi. Le migliori condizioni di vita presenti in alcuni paesi portarono ad un uso eccessivo di prodotti non indispensabili e questa abitudine si estese anche a persone che non se lo potevano permettere; questo fenomeno di spendere per generi non di prima necessità fu detto “consumismo”. Contro questo malcostume sirepressione razziale schierarono nei paesi industrializzati (Stati Uniti, Francia, Germania, Italia) gruppi di studenti universitari e delle scuole superiori, che diedero vita ad un movimento di contestazione, nato nel 1968 e che proseguì anche negli anni ’70. La contestazione giovanile nata da una esigenza comune tra i vari stati ebbe obiettivi politici concreti: la lotta alla società consumistica e all’azione repressiva dell’autorità, rappresentata dallo Stato, dai professori, ecc.
Joan BaezAnche la musica, che ha sempre rappresentato i momenti storici dell’uomo, risentì degli effetti del movimento studentesco, attraverso le parole e le note di cantanti quali Joan Baez e Bob Dylan , dedicatisi in alcuni momenti della loro vita artistica ad esaltare l’impegno politico e la giustizia sociale.
La contestazione si cominciò a diffondere negli Stati Uniti: i giovani protestavano per la segregazione razziale, la diseguaglianza economica e la guerra in Vietnam. Il leader della lotta alla segregazione razziale fu Martin Luther King (1928 – 1968), fautore dell’uguaglianza e nemico della superiorità dei bianchi e dei ricchi; contro l’emarginazione dei neri fu appoggiato dal Presidente Kennedy e dal successore Johnson. Gli studenti diffusero queste idee con le manifestazioni di piazza, in Tv e con la musica; fu sicuramente merito loro la decisione nel 1973 del Governo di Washington di porre fine all’intervento militare in Vietnam.Martin Luther King
Anche in Europa, a partire dal maggio del 1968 in Francia, la contestazione giovanile prese piede; la ribellione contro lo stato degli studenti fu appoggiata anche dai sindacati e il bersaglio, quale rappresentante delle istituzioni fu il presidente De Gaulle. Lunghi periodi di violenti scontri con la polizia, scioperi indetti dai sindacati portarono la Francia sull’orlo della rivoluzione, finchè il generale De Gaulle sciolse il Parlamento e indisse nuove elezioni nel mese di giugno.
carri armati russi a PragaContemporaneamente in Cecoslovacchia l’allora presidente Alexander Dubcek attuò importanti riforme democratiche (ad esempio la libertà di stampa), che ottennero ampio consenso popolare; non altrettanto consenso queste riforme riscossero nell’Unione Sovietica, guidata da Leonid Breznev, che chiese ai paesi aderenti al Patto di Varsavia di occupare militarmente la Cecoslovacchia. In agosto il paese venne occupato e le riforme di Dubcek vennero annullate; una lunga serie di proteste che degenerarono in violenti scontri seguirono a questa invasione e va ricordato a tale proposito l’episodio di un giovane, Jan Palach, che si sacrificò dandosi fuoco nella piazza principale di Praga il 17 gennaio 1969.

.....in Italia

occupazione di universitàIl sessantotto italiano inizia con qualche mese di anticipo sul calendario e si prolunga ben oltre il 31 dicembre. Il profondo sconvolgimento iniziato in quell'anno durerà infatti oltre un decennio e coinciderà con una radicale modernizzazione complessiva del paese. Ad accendere la miccia sono gli studenti universitari. Nell'autunno del 1967 occupano gli atenei di tutte le principali città del centro-nord, con la sola esclusione di Roma. Nel mirino della contestazione ci sono sopratutto il sistema classista del sistema dell'istruzione, denunciata anche da una parte del mondo cattolico a partire da don Lorenzo Milani autore del severo atto d'accusa Lettera a una professoressa, e l'autoritarismo proprio delle università, interpretato come addestramento a un consenso e a una passività in tutti i campi, per nulla limitati al mondo universitario. La critica del movimento studentesco, i cui principali testi teorici vengono elaborati nelle università di Pisa, Torino e Trento, si rivolge tanto contro il sistema capitalistico quanto contro le organizzazioni della sinistra, accusate di aver rinunciato a qualsiasi ipotesi di trasformazione. Di fronte al dilagare delle occupazioni i rettori chiedono l'intervento della polizia. Occupazioni, sgombri e nuove occupazioni si susseguono. A Torino, Palazzo Campana, sede delle facoltà umanistiche, viene sgombrato e rioccupato più volte in un braccio di ferro che si concluderà con un diluvio di denunce ai danni degli occupanti. Il 2 febbraio viene occupata l'università di Roma, la più grandegli scontri tra studenti e polizia a Valle Giulia - Roma d'Italia. Alla fine del mese, il rettore D'Avack fa intervenire la polizia. Il giorno dopo, primo marzo, un corteo di protesta arriva a Valle Giulia, sede della facoltà di architettura e forza i blocchi della polizia. Gli scontri durano per ore. L'eco è enorme. I giornali, in edizione straordinaria, parlano di "battaglia". Con i fatti di Valle Giulia il movimento studentesco si sposta definitivamente dal piano di una protesta universitaria a quello della contrapposizione decisa con l'intera società. Nella cultura del movimento confluiscono i diversi filoni di pensiero critico e di protesta sociale che avevano costellato gli anni '60: l'elaborazione delle riviste della sinistra non istituzionale e quella dei vari gruppi cattolici dissenzienti; la critica alla società dei consumi elaborata dalla Scuola di Francoforte e da Herbert Marcuse nel suo celebre "L'uomo a una dimensione" e i fermenti del terzo mondo innescati dalle lotte di liberazione dei popoli ex coloniali e dalla guerra nel Vietnam; l'"antipsichiatria" praticata da Franco Basaglia nell'ospedale di Gorizia e il movimento libertario giovanile sviluppatosi negli anni del "beat italiano". Inizialmente meno visibile, ma destinata ad affermarsi sempre di più negli anni successivi, sino a mettere in discussione l'intera impostazione politica del movimento, è l'originale versione del femminismo impostata da alcune pensatrici italiane. Il vento della protesta arriva, senza ancora investirle in pieno, anche nelle grandi fabbriche del nord. In aprile, a Valdagno, gli operai tessili della Marzotto si scontrano con la polizia e abbattono la statua di Gaetano Marzotto, fondatore della dinastia e dell'azienda. In estate un aspro conflitto operaio si accende al Petrolchimico di Porto Marghera. In ottobre, alla Pirelli di Milano, nasce il Cub, comitato unitario di base, prima struttura autonoma operaia svincolata dalla leadership dei sindacati. Fatto ancor più rilevante, il 7 marzo uno sciopero generale indetto dai sindacati registra per la prima volta da anni una massiccia adesione degli operai Fiat, la principale industria del paese. In estate, con le università chiuse, la contestazione si sposta sul terreno delle istituzioni culturali. Artisti e studenti interrompono la Biennale e la mostra del cinema di Venezia. In autunno la palla passa agli studenti medi che occupano ovunque gli istituti e riempiono le piazze con grandi cortei. Il 3 dicembre a Roma sfilano 30.000 studenti medi. Alla protesta contro l'assetto scolastico si somma quella contro la polizia, che il giorno prima, ad Avola, Sicilia, ha aperto il fuoco contro una manifestazione di braccianti uccidendone due. Il 1968 si chiude nel sangue. La notte del 31 dicembre gli studenti pisani contestano un veglione di lusso di fronte al locale versiliese "La Bussola". Uno dei clienti spara ferendo il sedicenne Soriano Ceccanti, che resterà paralizzato. Nel '69 sono gli operai a impedire che il movimento degli studenti declini come nel resto d'Europa. Tra maggio e giugno, alla Fiat, una serie di scioperi spontanei e improvvisi, proclamati al di fuori del controllo sindacale, paralizza la produzione per oltre 50 giorni. In prima fila ci sono gli strage della banca nazionale dell'agricoltura - Milano operai meno qualificati e meno sindacalizzati, spesso immigrati dal meridione, che danno vita a un'assemblea congiunta con gli studenti. La radicalità dello scontro  si rivela in pieno quando il 3 luglio, in occasione di uno sciopero generale cittadino, gli operai torinesi affrontano per 24 ore la polizia. Il conflitto riprende su larga scala in autunno, quando arrivano a scadenza i contratti di lavoro che riguardano oltre 5 milioni di operai. L'"autunno caldo" segna il momento di massimo scontro sociale nell'Italia del dopoguerra. Gli operai rinnegano la suddivisione della forza lavoro in fasce diversamente qualificate e chiedono che il salario sia svincolato dalla produttività. Nascono in questi mesi i principali gruppi della sinistra extraparlamentare, mentre i sindacati, in un primo momento colti di sorpresa dalle dimensioni dell'agitazione operaia, danno vita a strutture unitarie di base, i Consigli di fabbrica. In un clima di asprezza senza precedenti, il 12 dicembre a Milano una bomba deposta nella Banca nazionale dell'agricoltura uccide 12 persone. E' l'inizio della strategia della tensione, una sanguinosa catena di stragi che si ripeteranno per tutti gli anni '70 e i cui colpevoli non verranno mai scoperti. Sull'onda della strage di Milano, della quale viene accusato un gruppo di anarchici poi assolti, i contratti vengono firmati prima della fine dell'anno. Lo scontro sociale però non si interrompe neppure così. Negli anni '70 si allargherà ulteriormente, sino a coinvolgere oltre agli operai e agli studenti, praticamente tutti i settori della società civile.