PAROLE . . . PAROLINE . . .

PAROLACCE . . .

Prima  o  poi  e  quando  meno   ve  lo  aspettate,  ecco  che   vostro figlio   inizia a  pronunciare

le “parolacce” e la domanda più frequente che un genitore si pone è   “Dove le avrà imparate?”.

Le risposte più ovvie?     “Dai compagni di scuola”, “Dalla musica”, “Dalla televisione”,  “Dai cugini”…

 

 

 

E dagli adulti?  Pensate  al  percorso  casa-scuola  in  automobile: è  tardi,  il  lavoro  vi attende,  l’autista   davanti   a  voi  sembra   non  avere  la  vostra  stessa   fretta  o, 

                                            al  contrario, sembra   averne   fin  troppa  e.. qui
                                         scappa una   parolaccia  che  vostro  figlio,                                         inesorabilmente,  non  tarda  a  memorizzare
                                        e  ripetere appena possibile.

 

Sicuramente  non ne  comprende  il  significato  ma  la  dice  mamma  o  papà   attira   l’attenzione,  desta  una  certa  reazione  nelle  persone, quindi  non  resiste   alla  tentazione  di   pronunciarla

                      Cosa  fare quando  il  bambino  dice  le  parolacce?

 Se  è piccolo  e  sta  attraversando  la  normale  fase  dello sviluppo  che  lo  porta  a  provare ad  essere  più autonomo, è  importante  non  far scattare  in  lui  il desiderio di  riprodurre   una reazione  negli  adulti:  se  si mantiene  l’autocontrollo  facendo  finta    di   niente,  il bambino non  nota  un effetto  particolare  quale stupore o scandalo, quindi  non   è stimolato  a  riprovare. 

Se  questo  non  è  stato  sufficiente, verso  i  tre anni  è  sicuramente  giunto  il  momento  di  insegnare  al   bambino  un  linguaggio  più corretto  e  consono  alla  vita  sociale.

L’atteggiamento  migliore  è  quello  di  evitare   punizioni   severe e  aspri  rimproveri    che  porterebbero  il  bambino, stimolato    dal  “gusto del proibito”, a   dare  sfoggio del  suo  repertorio  non   appena  se  ne   presenterà l’occasione.

 

 

 

Invece,  con  fermezza e decisione,  portatelo  a  riflettere  sull’ inadeguatezza di questi vocaboli,  del loro effetto sulle  persone (senso  di offesa o percezione dell’ immagine di un bambino maleducato), sul  vostro senso  di   dispiacere;  stimolate  le  sue capacità  di  analisi, di giudizio e  coinvolgetelo  in  semplici giochi di scambio di ruoli (è lui che corregge gli   errori altrui).

 

 

 

 

 

 

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