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Aprile 2006 |
In anni come questi in cui i processi non vengono celebrati in tribunale bensì in televisione è emerso sempre più il ruolo fondamentale dei RIS (Reparti Investigazioni Scientifiche). Grazie anche a numerose fiction e telefilm che trattano l’argomento c’è un crescente interesse nei confronti di chi opera sulla scena del crimine. La struttura preposta a soddisfare le richieste di indagine tecnico-scientifiche delle forze di polizia è il RA.C.I.S. (Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche),organizzato su: un reparto addestramento deputato alla formazione del personale; un reparto analisi criminologiche preposto all’attività di supporto alle indagini mediante la ricerca di elementi di connessione o analogia con altri delitti; un reparto tecnico per la sperimentazione e il controllo di qualità. Dal raggruppamento dipendono i reparti dei RIS di Roma, Parma, Messina e Cagliari. Ruolo fondamentale dei RIS è l’attività di sopralluogo e repertamento sulla “scena del crimine”. La regola che riassume i compiti degli investigatori e scienziati forensi che intervengono sulla scena del crimine è PROTECT and PRESERVE (proteggi e preserva). Infatti è di fondamentale importanza proteggere il luogo del delitto evitando qualsiasi alterazione. Dall’integrità della scena del crimine e dal corretto recupero delle prove dipende tutto l’esito dell’indagine. Qualsiasi sia la scena del crimine,le tracce fisiche da cercare sono 3: quelle umane(sangue,saliva,capelli,seme..),gli oggetti(armi,lettere,diari,proiettili,mozziconi…) e le impronte(digitali,di piedi e scarpe,fori di proiettile…). In genere sulla scena di un crimine o comunque di un’aggressione non mancano mai le tracce di sangue,che spesso si rivelano fondamentali per risalire all’autore del fatto. Lavare muri, pavimenti o qualsiasi superficie che è stata a contatto con il sangue non serve a nulla di fronte ai test usati dalla Polizia. Uno dei test di prima esplorazione più conosciuto anche dai non addetti ai lavori è la reazione al Luminol,una sostanza apparentemente incolore che spruzzata sulle superfici della zona di ricerca produce una luminescenza bianco-blu visibile al buio. La reazione è transitoria, e pertanto è indispensabile “fissarla” su supporto fotografico. Il grande vantaggio di questo test è la sua sensibilità:si parla di una capacità di riconoscere tracce di sangue in diluizioni di 1 a 5.000.000. E’ molto importante anche l’interpretazione del disegno prodotto dalle macchie e dagli schizzi di sangue: la bloodstain pattern analysis. Infatti applicando le leggi fisiche della dinamica dei fluidi agli schizzi di sangue,gli esperti ricostruiscono come si è svolto un delitto. Gli esami effettuati sulle tracce biologiche repertate sulla scena del crimine sono inizialmente indirizzati a determinarne la natura e l’origine. Successivamente viene estratto il Dna e quindi analizzata l’impronta genetica. L’utilizzo del Dna come prova per l’identificazione personale si basa sul principio biologico che il Dna di ciascuno di noi è unico,fatta eccezione per il gemello identico (monozigote). L’esame del Dna si è rivelato fondamentale in molti dei casi che sono stati risolti dai RIS. In particolare il delitto di un’anziana donna violentata e massacrata dalla persona più insospettabile è stato risolto grazie allo screening genetico di un’intera popolazione. La mattina del 1 Aprile 2002 a Dobbiamo,un’anziana donna viene trovata nella sua camera da letto distesa morta sul pavimento. E’ quasi completamente nuda e presenta ecchimosi e tumefazioni su tutto il corpo. Le indagini inizialmente non portano ad una soluzione. Anche se l’età avanzata della donna e le sue abitudini di vita consiglierebbero di escluderlo,le prime evidenze investigative suggeriscono proprio il movente sessuale. Il Dna dell’aggressore viene confrontato con quello dei sospetti e sebbene la risposta sia negativa si riscontra che i profili genetici ,anche se non di persone imparentate,sono abbastanza “omogenei”,in sostanza si somigliano. La Val Punteria,come piccole comunità in Irpinia e in Sardegna sono “isolati genetici”,paesi cioè in cui la popolazione a causa dell’isolamento geografico e della scarsa immigrazione ha conservato nel corso dei secoli u patrimonio genetico più omogeneo. Gli investigatori si chiedono se allargare le indagini a una quota più estesa di popolazione potrebbe servire ad avvicinarli sempre di più all’autore dell’omicidio. L’idea è di procedere a un cospicuo prelievo di saliva da tutti gli abitanti maschi di quell’area per confrontare il loro Dna con il profilo del sospetto omicida. Lo scopo è di giungere alla sua identificazione,anche indirettamente, attraverso cioè l’individuazione della sua famiglia di origine. A fine maggio, i confronti ammontano a circa trecento. Tra questi c’è anche quello di un sessantenne di Dobbiaco, più di metà del suo Dna è praticamente identico a quello dell’individuo “ignoto”. Per l numero di alleli comuni tra i due profili, la persona che stanno cercando non è soltanto un parente, ma è il padre. Questo è uno dei tanti casi risolti brillantemente dal R.I.S….. altro che C.S.I.!!!! Fonti: DELITTI IMPERFETTI di Luciano Garofano e rivista NEWTON. Di Isaley Corsa e Emanuela Falasca |
Oscar: un po’ di storia! Di Susanna Perez
Ogni anno a Hollywood si riuniscono attori, registi, scrittori e persone che lavorano nel campo cinematografico per partecipare alla cerimonia degli Academy Awards, nati nel 1927 e in prossimità del loro ottantesimo anniversario. Si può dire che ne è passato di tempo dalla prima cerimonia alla quale non erano presenti mass-media e c’erano duecentocinquanta persone. Ma gli Oscars sono arrivati fino a noi superando tensioni e ostacoli che oramai fanno parte della storia dei vari paesi del mondo: si pensi che per tutta la durata della Seconda Guerra Mondiale le statuette erano fatte di gesso. Oppure alle tre cerimonie che furono posticipate per eventi quali l’inondazione del 1938, il funerale di Martin Luther King nel 1968 e ancora l’attentato al presidente Ronald Reagan nel 1981. Nonostante questi avvenimenti, quello che si deve ammirare degli Oscars è la capacità di andare oltre: non ho a disposizione una cosa? Pazienza, andrò avanti per mezzo di un’altra. Ad ogni vincitore viene consegnata una statuetta d’oro, che raffigura un cavaliere che tiene una spada; interessante sapere che il cavaliere sta su un piedistallo che riproduce una bobina di pellicola che ha cinque raggi, uno per ogni gruppo di professionisti che si sono distinti nei settori della attività cinematografica: scrittori, attori, registi, produttori e tecnici. La statua è importante non tanto per l’oggetto in sé, ma per ciò che sta a significare: infatti la vincita degli Oscars, ma anche la sola nomination, è importante perché è il trampolino di lancio per un futuro e sicuro successo del film. Permette inoltre agli attori di accrescere la propria “popolarità”, quindi è un’occasione per farsi conoscere o per iniziare una carriera (anche se la maggior parte degli attori che oggi partecipano agli Awards sono ormai fra i più noti e conosciuti), o anche per ricevere ulteriori proposte cinematografiche. La cosa bella è il fatto che nel corso degli anni si è deciso di estendere le premiazioni anche ad altre persone che non fanno parte dei cinque gruppi che in origine formarono gli Awards, ma che sono strettamente legate al cinema, in quanto contribuiscono fortemente alla realizzazione del film, guidano gli attori, curano le immagini. Ciò rappresenta quindi un ulteriore traguardo perché viene riconosciuta l’importanza di persone che non compaiono fisicamente sul set, ma che costituiscono il fondamento del film. Queste persone vengono premiate con riconoscimenti dedicati al settore in cui lavorano, completamente indipendenti dalla vittoria o meno del film per il quale hanno collaborato. In questo modo oltre ad accrescere la fama degli attori si può accrescere la notorietà delle varie persone che lavorano nello stesso settore. Per quanto riguarda i film che hanno vinto più Oscars si può citare “Titanic” di James Cameron (1998), che ne vinse addirittura undici. Relativamente alla produzione cinematografica italiana non si può dimenticare il premio Oscar come miglior film straniero “La vita è bella” di Roberto Benigni, che è stato campione di incassi. Gli Academy Awards rappresentano certamente una grande manifestazione che dura da lungo tempo, ma penso che la cerimonia, divenuta sempre più elaborata e scintillante, negli anni abbia perso parte del suo valore e del suo fascino originario, proprio perché al giorno d’oggi anche e soprattutto queste manifestazioni sono influenzate dagli eventi mondiali e gli Awards anche dal fatto che vengono assegnati negli USA. Per questo si tende sempre più spesso a premiare film che “non danno fastidio”: basti pensare all’esclusione di “Fahrenheit 9/11” di Micael Moore.
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Continua da prima pagina e la devastazione non lasciano spazio ad altro. Probabilmente le motivazioni sono radicate nell’attuale contesto storico, nel quale l’equilibrio del Medio Oriente è diventato sempre più precario dopo gli ultimi avvenimenti internazionali. In particolare il 25 gennaio la formazione politico-militare Hamas, storicamente in stretti rapporti con i Fratelli Musulmani, è uscita vincitrice dalle elezioni palestinesi e il 30, lo stesso giorno in cui veniva chiesto all’AIEA il deferimento dell’Iran all’ONU per contrastare il programma di arricchimento dell’uranio, la segretaria di Stato americana, Condoleeza Rice, proponeva all’UE di sospendere gli aiuti all’Anp, al fine di mettere pressione ad Hamas stessa. Ecco quindi le tante micce che hanno dato vita all’ “incendio” di cui molto si è discusso e che sembrava riconducibile alle pur sempre deprecabili e inopportune vignette provocatorie. E’ quasi l’avvertimento mandatoci da chi governa un mondo, di cui noi occidentali purtroppo conosciamo solo ciò che ci viene mostrato e con il quale si sono instaurati dei pregiudizi che affondano le proprie radici nella storia. Anche se a questo punto la strada verso una pacifica convivenza interculturale e interreligiosa appare quasi irrimediabilmente compromessa, è di fondamentale importanza che continui ad essere nutrita la speranza in un mondo migliore in cui la libertà di parola, di stampa, di religione venga considerata una condizione imprescindibile al pari del rispetto della persona umana,della sua dignità e della sua sensibilità e che in questo senso si moltiplichino gli sforzi della comunità internazionale. Di Roberto Prossomariti |
L’OMBRA DEL DOPING
L’ombra del doping, o almeno quella del sospetto, si allunga sul corridore che per la sua storia umana e sportiva ha incarnato la rinascita del ciclismo. “Lance Armstrong positivo nel Tour de France del ’99”. L’accusa al campione statunitense arriva dal quotidiano L’ Equipe. Per sei volte, in particolare, i campioni di urina di Armstrong sarebbero risultati positivi all’ Eritropoietina (Epo), che permetterebbe una migliore ossigenazione muscolare e, quindi, un netto miglioramento delle prestazioni agnostiche. Armstrong, nel corso della sua carriera, ha più volte affermato di non aver mai utilizzato sostanze proibite. Secondo il quotidiano francese, durante le sei stagioni di militanza nella squadra Us Postal, Armstrong avrebbe utilizzato regolarmente prodotti vietati nel 1999 e avrebbe dunque mentito dicendo di non averli mai consumati. In sei occasioni, durante i controlli effettuati all’inizio del prologo (vinto dall’americano) a Puy-du-Fou, il 3 luglio del ‘99, e delle tappe Montaigu – Challans, Grand-Bornard – Sestrieres, Sestrieres – Alpe d’Huez, Saint-Galmier – Saint- Flour e Castres – Saint-Gaudens, le sue provette hanno fatto registrare la presenza di un ormone di sintesi che, facendo aumentare la presenza di globuli rossi nel sangue, permette una migliore ossigenazione muscolare e un miglioramento delle prestazioni che gli psicologi valutano fino al 30%. “La caccia alle streghe continua. Semplicemente, ribadisco ciò che ho già detto molte volte: non ho mai preso sostanze illecite per migliorare le mie prestazioni. Ancora una volta un giornale europeo ha riportato la notizia secondo cui io sarei risultato positivo per sostanze dopanti. Questo giornalismo spazzatura”. Armstrong replica così dal suo sito ufficiale. Il campione ha sempre ammesso di aver utilizzato sostanze “proibite” solo nel periodo di convalescenza dalla terribile malattia che lo ha colpito a metà degli anni ’90:mai, però, per “truccare” il suo rendimento nelle competizioni sportive. Ai posteri l’ardua sentenza. Di Alessandro Frisoni |