GLI ACQUEDOTTI

Quello del trasporto dell'acqua era uno dei servizi più importanti della Roma antica e numerosi resti monumentali testimoniano ancora oggi l'imponenza della struttura. La realizzazione di tali impianti si rese necessaria quando, a causa, dell'incremento demografico, Roma non riuscì più a far fronte al fabbisogno idrico della popolazione e divenne necessario cercare nuove sorgenti nei dintorni della città.

in dettaglio lo schema degli acquedotti che rifornivano Roma ieri come oggi.

Vediamo ora quale tragitto l'acqua dovesse compiere prima di giungere a destinazione. partendo dalla sorgente, l'acqua arrivava in un canale detto specus, esso era coperto interamente da uno strato impermeabile (si utilizzava una tecnica chiamata opus signinum). A intervalli regolari si trovavano vasche di depurazione dell'acqua. alla fine degli acquedotti c'erano dei serbatoi detti in latino castella, da dove l'acqua veniva distribuita ed era destinata a tre scopi: bacini e fontane, terme e consumatori privati. Poste in corrispondenza degli incroci stradali, le fontane pubbliche provvedevano al fabbisogno della popolazione, soprattutto a vantaggio di chi era provvisto d'acqua in casa. Le abitazioni nobili avevano impianti idrici che arrivavano fino al pianterreno, dove si trovava l'impianto termale.

Gli acquedotti che si trovavano a Roma, simili a  quelli ellenici, sono, per la maggior parte del loro percorso sotterranei. Questo perchè a quel tempo non era conosciuta l'arte della livellazione e si doveva impedire ai nemici di distruggerli.
Vi erano degli edili alla sorveglianza dell'acqua pubblica; essi affidavano ad ogni strada o piazza la custodia della fontana a due cittadini residenti in quei pressi.
Agrippa fondò i presupposti della riforma già avviata nel I secolo a.C. da Augusto, che portò all'istituzione del curator aquarum. Un'altra modifica, apportata dopo il 52 d.C. da Claudio, fu la nomina del procurator aquarum, un aiutante fidato del curator.
Verso la fine del II sec. d. C. il curator aquarum ricevette un ulteriore titolo, quello di minuciae. Le nomine giuridiche della cura aquarum si fondavano sul principio dell'acqua diventata pubblica, di proprietà statale. Queste norme erano tutelate e venivano fissate regole severe che stabilivano la modalità dell'adduzione, vincolata al terreno a cui veniva destinata.
Un importante provvedimento di tutela era quello che imponeva su ciascun lato dell'acquedotto una fascia libera da edifici e vegetazione. Per i trasgressori di tali regole era prevista una multa di vari sesterzi che poteva aumentare per coloro che avessero manomesso o rotto una parte degli impianti.
Gli acquedotti romani percepivano, in genere, sorgenti o acqua di fiume, filtrata grazie ad un condotto. Il condotto era normalmente rettangolare e coperto per agevolare le riparazioni. Era posizionato in pendenza; essa poteva variare a seconda delle caratteristiche del percorso. Il tracciato, infatti, era spesso lungo e irregolare.

Il primo acquedotto, L'Aqua Appia, costruita per il censore Appio Claudio, giungeva sotterraneo fino a Porta Capena dove si trovava la rete di distribuzione. L'archittettura migliorò a partire dal secondo acquedotto: l'Anio Vetus. Con l'acquedotto Aqua Marcia, si appresero le nuove tecniche di costruzione, con cui vennero realizzati gli acquedotti successivi: Aqua Taepula, Virgo, l'Aqua Augusta e l'Aqua Alsietina. L'imperatore Claudio fece costruire ben due acquedotti: il famoso Aqua Claudia e quello dell'Anio Novus uniti da un codotto sotterraneo. Altri famosi acquedotti costruiti furono Aqua Antoniana (Caracalla, costruita per alimentare le terme) Aqua Traiana (Traiano, per le riforme del quartiere Trastevere). L'ultimo acquedotto, costruito da Alessandro Severo, venne chiamato Aqua Alexandriana.

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