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Oltre ad essere un matematico, Enriques è anche un filosofo, il suo pensiero si può inserire nella corrente della “filosofia
scientifica” che si andava sviluppando in Francia negli ultimi anni del 1800. Egli si inspira al pensiero positivista di
Poincaré e di Mach, riguardo la conciliazione dei rapporti tra scienza e filosofia, e proprio come l’epistemologo francese
inizia le sue ricerche dalle questioni che vengono sollevate nell’ambito delle geometrie non euclidee e della geometria
delle superfici algebriche, materie alle quali si dedica fin dalla giovinezza. Il suo programma di filosofia scientifica
viene però sconfitto in Italia dallo sviluppo del neoidealismo di Benedetto Croce e Giovanni Gentile e dall’avvento del
fascismo. Al contrario ha maggiore successo nel resto dell’Europa: Germania, Austria, Francia e paesi Scandinavi.
Se dunque Enriques non è visto di buon occhio in Italia, è apprezzato nel panorama filosofico europeo, dove è
riconosciuto come una figura battagliera nel contrastare il neoidealismo. Nonostante la sua maggiore partecipazione
alle correnti culturali estere, viste le ostilità italiane, egli rimane comunque attivo anche nel nostro paese,
dove nel 1902 fonda la “Società Filosofica Italiana”. Nel 1911 in qualità di presidente della S.F.I., organizza a
Bologna il “ IV Congresso di Filosofia”. In questa occasione si accende una vera e propria polemica con Croce. Il fine
delle sue teorie è la “preparazione di una scienza gnoseologica che possa divenire oggetto d’intesa degli studiosi, e
che porti ad unificare i vari domini del sapere in una veduta sintetica del procedimento conoscitivo” (Prefazione ai
“Problemi della scienza”, Bologna 1906). Enriques analizzando la situazione scientifica come si presentava nei primi
anni del XX secolo, vuole chiudere la lotta tra razionalismo e empirismo, e analizzare quello che è l’effettivo processo
della scienza nelle sue principali fasi: quella induttiva, che partendo da un sapere acquisito promuove nuovi concetti,
attraverso l’associazione di dati e l’assunzione di ipotesi; e quella deduttiva che chiarisce le ipotesi svolgendone la
conseguenze da verificarsi nell’esperienza. “La scienza non è dato puro, ma coordinazione razionale di dati, che implica
una scelta tra infinite varietà possibili. Perciò la ricerca scientifica è effettivamente una costruzione, opera dello
spirito umano, che vi riflette qualcosa di se, manifestando i criteri di valore che lo dirigono” (pag. 286 di “Scienza
e razionalismo”, Bologna 1912). Egli si pone delle domande e fornisce delle risposte a quelle che sono le difficoltà
pratiche che incontra nella sua attività di studioso, matematico e insegnante. Interrogativi psicologici: “Cosa induce
un matematico a formulare una congettura?”; o riguardanti i processi logici: “È chiaramente appurato che le domande
scientifiche includono qualcosa di essenziale, eccetto lo speciale modo in cui sono concepite in una particolare epoca
dagli studiosi che ricercano tali problemi… Nella formulazione dei concetti, non dovremmo vedere solo il risparmio di
pensiero… ma anche un qualche preciso processo mentale” (“Problemi della scienza”, Bologna 1906). Ma l’analisi
scientifico-filosofica che Enriques svolge, non riguarda soltanto le correnti a lui contemporanee; infatti negli anni
’30 inizia numerose ricerche sulle correnti fisico-filosofiche della Grecia antica, come testimoniano varie
opere pubblicate in questi anni.
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