| 
 Percorrendo il cortile del Palazzo dall'ingresso
          principale, si scorge sul lato sinistro, attraverso l'apertura
          centrale con cancello di noce, la celebre galleria prospettica, che si
          spinge al di là del giardino piccolo dei melangoli, restituita alla
          sua immagine originaria da un recente e laborioso intervento di
          restauro. La sensazione di stupore che si prova al primo sguardo. è
          suscitata dalla profondità illusoria che essa suggerisce, di circa 35
          metri, ben diversa da quella reale che è di 8,82 metri. L'effetto
          ingannevole si basa sulla convergenza dei piani del colonnato che
          anziché procedere parallelamente confluiscono verso un unico punto di
          fuga, degradando dall'alto in basso e rimpicciolendosi al fondo,
          mentre il pavimento in mosaico sale. Prima ancora che il Principe
          Clemente Spada (1778-1866) nel 1861, collocasse nella parete di fondo
          la statuetta del guerriero di epoca romana, ora sostituita da un
          calco, il senso prospettico veniva ulteriormente accentuato proprio
          dal fondale dipinto a finta vegetazione. Realizzata nell'arco di un
          solo anno, dal 1652 al 1653, dal Borromini, coadiuvato dal Padre
          agostiniano Giovanni Maria di Bitonto, la galleria testimonia gli
          interessi che il committente, il cardinale Bernardino Spada, riservava
          per i giochi prospettici, suggeritori di spazi illimitati inesistenti,
          e di cui aveva già dato ampia dimostrazione nel 1635, facendo
          decorare dai quadraturisti bolognesi Agostino Mitelli e Michelangelo
          Colonna, all'interno del Palazzo, le pareti del salone di Pompeo con
          prospettive illusionistiche. Del resto, anche la galleria prospettica
          venne eseguita ad affresco in una prima versione. Nel 1642 il
          Cardinale fece dipingere dal pittore Giovanni Battista Magni (Modena,
          1592 - Roma, 1674) una veduta prospettica sulla stessa fronte del muro
          di cinta del giardino segreto ove poi il Borromini aprì quella vera.
          Frammenti consistenti rinvenuti durante l'ultimo restauro, mostrano
          colonne dal capitello dorico, le stesse adottate nella costruzione
          dall'architetto. La ripresa di un siffatto colonnato, fu suggerita a
          Bernardino dalla visione di uno scenografico apparato liturgico
          disegnato dal Borromini per la celebrazione delle
          "Quarantore" nella cappella Paolina in Vaticano, e a cui
          aveva fatto pure riferimento Virgilio Spada nella realizzazione del
          tabernacolo prospettico nella Basilica di San Paolo Maggiore a
          Bologna, eseguito non a caso, da Padre Giovanni Maria da Bitonto. Le
          circostanze favorevoli che indussero Bernardino a convertire la
          prospettiva ad affresco in una prospettiva "reale" e a
          sfondare quindi il prospetto murario, fu la concessione nel 1652 di
          una striscia di terreno di proprietà della famigli Massari,
          confinante con il suo giardino. Il cardinale poteva così mettere in
          atto uno dei più ingegnosi artifici dell'arte barocca, attribuendogli
          forse il significato morale dell'inganno dei sensi e dell'illusorietà
          delle grandezze terrene.  
 |