galois <igalois@iol.it> wrote in message
>
> Ciao Susanna,
> eccomi finalmente a rispondere al post del buffetto.
> Mi accusi di uscire dal seminato. A me sembra, invece, che sia tu ad
uscirne
> con la valutazione, l'attivismo piagettiano, i videogiochi e tanto altro.

No, dai.
I nomi, per primo, li hai fatti tu. Io cito solo per reazione. I videogiochi non li ho certo introdotti io nella nostra querelle. Non ricordo se tu o quell'altro, ma io no di sicuro. E sono due su tre.
La valutazione si, per argomentare su una mia convinzione che, se letta in un determinato modo, si avvicinava adirittura ad alcune delle tue posizioni.

> Con il mio ultimo intendevo solo evidenziare come la tua visione di un
> insegnamento naturale cozzi contro la struttura scolastica attuale che,
> invece, naturale non è.

Ho sempre affermato che l'apprendimento e` un atto naturale, mica
l'insegnamento. Mi pare ci sia una significativa differenza.

> Lo studente tipico della nostra scuola ricorda
> l'immagine della povera oca ingozzata per forza.
> Certo che mangiare è una cosa
> naturale! Ma non così.
> Di contro facevo notare come esistano forme di apprendimento non
scolastico
> che, pur essendo spontanee e naturali, sono però anche molto efficienti.

Ma io questo non l'ho mai escluso.
In cinque o sei 'post' ho sempre affermato che quelle che tu chiami "forme
di apprendimento non scolastico" NON debbano sostituire, avere il primato,
scalzare quella che, per convenzione, abbiamo chiamato didattica
tradizionale.

> Ho cercato poi un esempio concreto che, diversamente da samba e scacchi,
> fosse alla portata della tua esperienza. Ho proposto, come ambiente di
> apprendimento, il NG ma tu hai preferito guardare il dito che indica
> anziché la luna indicata.

Ho indicato il dito per riflettere sul senso primo della mia critica:
appoggiare una forma di insegnamento 'naturale' sulla tecnocrazia e` un
GRAVISSIMO errore. Come succede coi NG, la tecnica applicata e imposta da
una certa evoluzione sociale trasforma proprio quella impostazione naturale
che tanto difendi; la degrada, la involve. Che poi siano gli 'educatori
istituzionalizzati' a farne l'apologia mi sembra grave.

Il nodo sta qui: come interpretare l'evoluzione?

> Credo, per quanto non ne abbia esperienza, che il
> tuo circolo marxista vada benissimo come esempio. Il mio scopo è,
comunque,
> raggiunto. Il resto è secondario e rischia di portarci fuori strada.
> Mi chiedi poi una sorta di confronto con la tua pedagogia spontanea
basata,
> come dici, sulla sensibilità. Se non ti confronti con i libri perché
> dovresti confrontarti con un pedagogo improvvisato (tua definizione) come
> me? Che senso ha? Da parte mia, capiti i tuoi dogmi, il confronto mi
sembra
> una fatica inutile.

L' "improvvisato" si riferiva solo a quanto hai espresso in questa
discussione. Non e` un giudizio personale. Tranquillo.

> Posso solo dirti che, da quello che mi dici, mi sembra che la tua
> pedagogia spontanea soffra di tutti quegli stereotipi, quei luoghi comuni
> che Bruner ha ben classificato ne La cultura dell'educazione. Un errore
> classico, ad esempio, della pedagogia spontanea è scambiare per necessario
> ed immutabile ciò che è storicamente determinato.

Puo` darsi, anzi: sicuramente.
Ma mi fido piu` dei risultati che vedo giorno per giorno nel mio lavoro, di
Bruner (con rispetto parlando).

> Una visione acritica e
> astorica impedisce di accorgersi delle conseguenze di cambiamenti epocali.
> Vecchie procedure, vecchi tecnicismi, scambiati per naturali, continuano ad
> essere eseguiti meccanicamente anche quando le condizioni e le necessità che
> li avevano imposti ormai non esistono più (Effetto qwerty).

Qui non sono d'accordo. Quali vecchi tecnicismi? Quali cambiamenti epocali?

> Mi chiedi software multimediali, videogiochi educativi. Credevo di averti
> spiegato che dietro queste cose servono delle idee, dei modelli educativi
> altrimenti si trasformano inevitabilmente in bufale. Anche qui, forse, gli
> scacchi, potranno aiutarmi a spiegare meglio. Il giocatore esperto sa che
> se inizia a giocare in un certo modo dovrà ricorrere ai libri, alla teoria,
> per approfondire le varianti legate alla sua apertura. E' consapevole,
> muovendosi in un terreno ricco di trappole, della insufficienza della
> propria, pur preziosa, sensibilità. L'esperto sa che dietro le mosse di
> apertura ci sono delle strategie da realizzare ed anche quando avrà finito
> le mosse studiate saprà cosa fare. Invece, il giocatore inesperto che gioca
> una apertura seguendo la moda, scimmiottando le mosse dei maestri senza
> conoscerne le idee,
> quando la memoria non lo aiuterà più, naufragherà miseramente e non è
> escluso che qualche volta consideri l'apertura, superficialmente studiata,
> come una vera bufala.

Ecco, vedi, per quanto abbia gia` dimostrato di non capire quasi nulla di
scacchi, credo che insegnare appartenga ad una classe differente di
questioni; sicuramente non riducibile ad un calcolo computazionale di logica
del primo ordine.
Mi spiace, ma la vedo cosi` (che non significa che gli scacchi, come
centomila altre cose, possano suggerire preziose indicazioni per la
didattica).


> Saluti
> Galois

saluti
susanna

Risposta Galois