L’interno della chiesa è quanto mai suggestivo, perché se l’ombra s’addensa e indugia maggiormente nelle due gallerie che si sovrappongono lungo il perimetro, la luce inonda invece abbondantemente il vano centrale. Lo scopo di rendere meno materiale la struttura architettonica è offerto dagli otto alti pilastri di sostegno della cupola che si alternano in pieni e vuoti con un contrasto ottico che determina un singolare effetto pittorico. Particolare menzione merita la grande cupola per il sistema con cui è stata realizzata. L’architetto infatti non solo l’attuò facendo uso del tipico materiale leggero costituito da tubi di terracotta inseriti l’uno dentro l’altro e disposti in duplice ordine in tanti giri orizzontali restringentisi ma mano che si sovrapponevano gli uni agli altri, ma altresì cercando di diminuire il più possibile le spinte laterali. San Vitale è un’architettura romana , ma la fonte ispiratrice di essa deve essere cercata nelle regioni dell’oriente; infatti si trovano elementi architettonici tipicamente bizantini, come i pulvini ed i capitelli. La decorazione musiva della chiesa è tutta accentrata nel profondo, luminoso vano dell’abside e del presbiterio; nei mosaici di quest’ultima i personaggi sono raffigurati nelle più diverse posizioni: di fronte , di profilo, di tre quarti, in piedi, seduti, curvi, eretti, in riposo ed in movimento. Nei mosaici dell’abside invece tutti i personaggi – ad eccezione del Cristo al centro del catino – sono sempre in posizione frontale, in piedi, rigidi ed immobili. Al di sotto delle vesti dei personaggi s’intravede spesso la struttura anatomica del corpo a differenza di quanto compare nei mosaici absidali: qui talvolta gli abiti sembrano cadere con la rigidità di cappe metalliche . Inoltre ai personaggi dei mosaici del presbiterio si allarga il paesaggio vibrante d’atmosfera: la scena è sempre naturalisticamente ambientata. Dietro ai personaggi raffigurati nei mosaici absidali c’è una distesa continua d’oro, la quale serve a trasportare la scena su di un piano che potrebbe dirsi al di là del tempo e dello spazio. Si potrebbe dire che, per le innegabili differenze stilistiche le due decorazioni sono state realizzate all’incirca nel medesimo tempo ,con la precedenza forse di quella del presbiterio rispetto a quella dell’abside. Si può asserire che in San Vitale la decorazione musiva dell’abside fu affidata a maestranze che trovarono il loro ideale pittorico in un mondo artistico ben distinto da quello che destò l’immagine dei mosaicisti che idearono l’ornamentazione delle pareti e della volta del presbiterio. L’accesso a quest’ambiente é segnato dall’alto incurvarsi di un grande arco, nel cui intradosso sono delineati 15 medaglioni ,i quali, a partire dal sommo, dove compare l’immagine del Redentore, contengono i busti aureolati, d’oro dei dodici Apostoli e quelli dei presunti figli di San Vitale, i Santi Gervasio e Protasio. Ogni medaglione é separato dall’altro dai due delfini dalle code incrociate ed é contornato da una serie di vivaci motivi a globi e croci. La decorazione della parete sinistra é , al pari di quella destra, improntata ad un grande naturalismo. Nella parete sinistra lo spazio è riempito da una grande lunetta in cui sono raffigurati due episodi relativi alla vita di Abramo : l’ospitalità che il Patriarca offre ai tre Angeli che annunciano a lui ed alla moglie Sara, che si vede sulla soglia della capanna, la nascita d’un figlio e poi il sacrificio di questo figlio che Abramo s’appresta a compiere per obbedire alla volontà di Dio. Interessante é osservare con quanta sapiente maestria e con quale fine buon gusto l’artista sia riuscito ad evitare l’obbligatoria uniformità della posizione dei tre angeli seduti, inclinando lievemente le teste di quelli laterali e soprattutto disponendo assai variamente le loro mani ed i loro piedi. La composizione del gruppo di Abramo pronto a compiere il sacrificio si inserisce in uno schema piramidale che ha per vertice la punta della spada sguainata del Patriarca e per estremità della base l’ara su cui, seminginocchiato, sta il piccolo Isacco e l’ariete dopo che Abramo sarà stato messo alla prova, sostituirà quell’innocente piccola vittima umana. Al di sopra dell’arco di questa lunetta sono raffigurati due Angeli in volo nell’atto di sostenere un disco racchiudente una croce. E mentre a sinistra é rappresentato il Profeta Geremia con un gran rotolo svolto tra le mani a destra invece si vedono, in basso, i rappresentanti delle dodici tribù d’Israele raggruppati attorno ad Aronne e più in alto, Mosé che sta ascendendo sugli scoscendimenti rocciosi del monte Sinai e sta per ricevere la Legge dalla mano di Dio, che sporge da un banco di nuvole allungate. Nella zona superiore si scorgono due Evangelisti- San Giovanni e San Luca-che, in mezzo ad un paesaggio naturalistico, non privo di elementi stilizzati, sono presentati nell’atto di attendere l’ispirazione per scrivere i santi Vangeli. Si tratta di figure che indossano tutte quante tuniche clavate e pali bianchi. E mentre sotto ai loro piedi si vedono anatre d’uccelli acquatici avanzare su specchi di limpide acque, al di sopra delle loro teste compaiono i rispettivi simboli degli Evangelisti: l’Aquila e il Vitello. Segue sull’estradosso dell’arco della trifora, una decorazione con tralci di vite che prendono origine da due grandi vasi e si svolgono con una serie di volute. Uguale decorazione si incontra nel sovrarco della trifora superiore dell’opposta parete ed una perfetta rispondenza compositiva si ravvisa nelle zone laterali, che presentano gli altri due Evangelisti-San Matteo e San Marco-.essi hanno sopra di se i loro rispettivi simboli, l’Uomo alato ed il Leone, e al di sotto un airone e una tartaruga. Entro la lunetta sono raffigurati due episodi: si tratta dei Sacrifici di Abele di Melchisedech. I due offerenti avanzano verso un altare, la cui mensa è ricoperta da tovaglie ricamate. Abele, che è vicino ad una povera capanna e ad un albero, è coperto con una corta pelle e con un vivace mantello rosso: egli porta sulle braccia un agnellino. Melchisedech indossa ricchissime vesti che gli scendono sino ai piedi: egli incede portando un pane e dirigendo lo sguardo verso l’alto, dove compare la mano di Dio in mezzo alle nubi. La volta che s’incurva sul presbiterio è a crociera: su di essa si dispiega una fastosissima decorazione che ricopre tutto, cosicché si potrebbe dire che qui l’artista abbia veramente provato uno stringente senso di horror vacui. Lungo le linee ascensionali delle vele s’innalzano quattro festoni di foglie e di frutta, i quali convergono al sommo in una ghirlanda che racchiude la bianca immagine dell’Agnus Dei. Verso questa corona mediana convergono le braccia alzate di quattro Angeli che sono raffigurati in mezzo al verdi espandersi di tralci d’acanto, le cui volute, lumeggiate d’oro, danno l’impressione di essere come sfiorate da una continua vibrazione di aria e di luce. Qui nel presbiterio il colore concorre potentemente a dare alle varie composizioni vigore e freschezza. Più teso è il colore dei mosaici dell’arco trionfale che hanno uno sfondo continuo d’oro su cui si proiettano le due figure di Angeli che sostengono congiuntamente un disco attraversato da otto raggi che trovano origine in un Alpha mediano. Ai lati di questi Angeli sono due verdi cipressi e quindi le rappresentazioni della città di Gerusalemme e di Betlemme dalle mura adorne di gemme e pietre preziose: esse simboleggiano rispettivamente la Chiesa degli Ebrei e la Chiesa dei Gentili. Una vera apparizione divina è raffigurata nel catino absidale della chiesa. Su di un prato cosparso di fiori stanno cinque personaggi. In mezzo siede, su di un globo d’un turchino intenso, il Redentore, che è affiancato da due Arcangeli. Egli regge con la sinistra il rotolo dai sette sigilli e porge con la destra la corona trionfale a S. Vitale, che dall’estremità sinistra, avanza, pronto a riceverla con le mani coperte dalla sua ricchissima clamide. Dalla parte opposta incede il Vescovo Ecclesio portando sulle mani il modello del tempio da lui iniziato. Tutti i personaggi hanno la medesima altezza e sono proiettati su d’un esteso fondo d’oro, che in alto è ravvivato dalla presenze di sottili nubi bianco-azzurre e bianco-rosa. Se nel catino absidale è raffigurata la corte celeste, più in basso, nei due riquadri che sono ai lati, è raffigurata la corte terrestre con lo sfarzo e la pompa propri dell’Oriente. Nel riguardo di sinistra è rappresentato l’Imperatore Giustiniano che porta sulle mani un patèna d’oro. Preceduto da un suddiacono, da un diacono che reca l’Evangeliario e dal Vescovo Massimiano, che è circondato da tre alti dignitari ed è seguito da un gruppo di soldati di guardia. Tutti i personaggi sono rigidi e statici; le loro figure sembrano divenute incorporee, sembrano trasfigurate in semplici espressioni ritmiche. Il colore, nelle vesti di questi personaggi, si stende in ampie campiture, soprattutto per quanto riguarda il bianco e il porpora. Tuttavia il rialzo di tono non manca: esso è dato dalle vesti vivacemente policrome dei soldati. In questo pannello i personaggi che veramente attraggono l’attenzione son due: Giustiniano e Massimiano. Il primo rappresenta la regalis potestas; il secondo rappresenta la sacrata auctoritas. Il volto di Giustiniano dovette certamente essere esemplificato sulla farsariga delle immagini imperiali che venivano inviate nelle province, ma quello di Massimiano fu delineato dall’artista avendo presenti i reali tratti fisionomici del Vescovo. Il riquadro che si trova di fronte a quello coll’immagine di Giustiniano, rappresenta l’Imperatrice Teodora che incede portando sulle mani un calice d’oro tempestato di gemme. La Basilissa è preceduta da due dignitari civili ed è seguita da uno stuolo di dame di corte: essa più che in procinto d’entrare in chiesa, sembra che stia per dipartire dalla sala del trono del suo palazzo. Anche in questo pannello il bianco e la porpora presentano ampie stesure, ma anche qui il tono cromatico riesce a raggiungere un’alta vibrazione: basta osservare le splendenti vesti delle dame, le quali sembrano prendere il Leitmotiv da quel drappo azzurro, bianco e rosso che s’incurva in alto. Teodora, adorna d’un ricco diadema carico di perle e di gemme, è ricoperta da un grande manto color porpora che nella parte inferiore reca un ricamo d’oro raffigurante i tre Re Magi che portano i doni. Mentre nel pannello raffigurante Giustiniano i personaggi veramente di rilievo sono due, qui invece, nel pannello raffigurante Tedora, c’è solo un personaggio che domina incontrastatamente la scena: è quello dell’Imperatrice. E’ da notare come tutte le figure, ormai spoglie d’ogni materialità corporea, non abbiano qui altro valore che quello di ritmi di linee e di ritornanti cadenze d’uno spartito musicale e come il colore trovi la più squillante esaltazione nello stesso preziosismo degli smalti e delle madreperle, che creano un gioco che si avvale di mille luci e di mille riflessi. Sulle pareti laterali del presbiterio sono inseriti due frammenti marmorei facenti parte del cosiddetto Trono di Nettuno: si tratta di sculture d’età ellenistico-romana, raffiguranti dei putti che portano gli attributi di alcune divinità su sfondo di architetture. Nell’ambiente circolare a destra dell’abside sono conservati alcuni interessanti oggetti: una piccola capsella (o cassettina) marmorea del quinto secolo recante il nome di Giuliano Argentario; il frammentario sarcofago del Vescovo Ecclesio, ornato sulla fronte con un piatto rilievo raffigurante una croce affiancata da due cervi, da due pavoni e da due palme; a sinistra dell’ingresso entrando, si trova un sarcofago della seconda metà del quinto secolo, che fu riutilizzato per accogliere le spoglie dell’Esarca Isaccio. Sullo sfondo liscio della fronte di quest’arca si stagliano i tre Re Magi che, indossando il tipico costume orientale e con il berretto frigio, portano i doni al Bambino Gesù tenuto dalla Madonna sulle ginocchia.
(Alessandra e Ambra )