La storia che vi
stiamo per raccontare non è per i deboli di cuore. Una festa di
Halloween di venti anni fa… tenetevi forte il bello inizia adesso.
Eravamo due ragazze
di 15 anni e frequentavamo ancora il liceo, era una mattina
d’inverno quando la ragazza più popolare della scuola, Jane Lesner:
una ragazza fanatica e adorata da tutti i ragazzi della scuola, ci
invitò alla sua festa di Halloween. Rimanemmo sbalordite, non
pensavamo che una ragazza del suo livello invitasse due come noi
alla sua festa, ma se eravamo in grado di sapere quello che sarebbe
successo in quella terrificante notte, non ci saremmo mai andate.
Quel pomeriggio eravamo molto eccitate, sapevamo che a quella festa
ci sarebbero stati tutti i ragazzi della scuola.
Finalmente arrivò il
fatidico momento. Di corsa raggiungemmo Main street 1902 bussammo
alla porta e… rimanemmo a bocca aperta… quella casa era immensa,
avevamo quasi paura di perderci. C’erano due scale lunghissime che
portavano a corridoi che facevano rabbrividire solo a guardarli, il
pavimento era talmente lucido che ci si poteva specchiare dentro,
dopo aver camminato per quasi 5 minuti giungemmo finalmente al
salone; trascorremmo gran parte della serata a fissare tutti quei
bei ragazzi che c’erano alla festa, fino a quando una nostra amica
ci invitò ad uscire. Camminammo per più di 5 minuti per un sentiero
cupo e freddo appena arrivate scorgemmo un enorme castello, una
nostra amica notò una porta sul retro aperta il nostro corpo tremava
come se avessimo ingerito dei cubetti di ghiaccio, entrammo lo
spettacolo era terrificante e disgustoso, il soffitto era ricoperto
da una fitta rete di ragnatele, la voglia di andarsene era tanta ma
in quella casa c’era qualcosa che ci tratteneva. Ci facemmo coraggio
e salimmo a passi lenti e stentati su per una scala che dava al
piano superiore. I gradini scricchiolavano sotto i nostri piedi ed
era come se ci incitassero ad andarcene; non era possible forse i
nostri occhi non vedevano bene o forse la paura ci aveva giocato un
brutto scherzo, ma davanti a noi c’era un vortice. Un rumore
richiamò la nostra attenzione… qualcuno stava salendo le scale: ci
dovevamo nascondere, ma dove? L’unica soluzione era buttarci nel
vortice ma nessuno osava farlo, intanto i passi cominciavano ad
avvicinarsi così decidemmo di tuffarci in quella spirale della
morte. In quella frazione di secondo non riuscimmo a capire cosa
stesse succedendo, tutto girava intorno a noi e ad un tratto ci
ritrovammo per terra. Quello che vedevamo non era la nostra
dimensione bensì un posto desolato: davanti a noi non si vedeva
altro che montagne sabbiose e paludi, tutto era avvolto dalle
tenebre, era come se il sole non fosse mai nato in quel luogo
scordato da Dio. Avevamo bisogno di un posto dove passare la notte
ed ecco il profilo di un castello in lontananza.
Se volete sapere
come andrà a finire vi basterà leggere la seconda parte del
racconto.
Alla prossima
puntata!!!!!
Chiara
Odoardi
Veronica
Pesoli III L
HALLOWEEN
1000 ANNI DOPO (2° PARTE)
…
quando la luce si riaccese il maggiordomo era scomparso nel nulla,
la paura ci assalì e subito dopo ci accorgemmo che anche la nostra
amica era scomparsa…
Scendemmo le scale e aaah!!!!!!!!! Uno spettacolo terrificante si
presentò davanti ai nostri occhi, la nostra amica giaceva priva di
sensi a terra.
Ci
avvicinammo a lei pensando che fosse soltanto svenuta, ma non era
così…
Notammo due buchi sul lato destro del suo collo e appena la toccammo
per accertarci che era morta si polverizzò davanti ai nostri occhi
increduli.
Volevamo andarcene da quel castello maledetto e, come nella scena di
un film horror, cominciammo a cercare una leva che ci aprisse un
passaggio segreto.
Frugammo nelle mensole, sotto letti e divani, provammo a spostare
tutti i libri delle librerie ma niente, di un passaggio segreto non
c’era neanche l’ombra.
Esauste ci sedemmo per
terra ormai sicuri che niente ci avrebbe fatto uscire da quel posto,
fino a quando sentimmo un rumore che proveniva da sotto il
pavimento… ma certo! Bisognava cercare una botola, qualcosa che ci
conducesse ad un eventuale piano sotterraneo.
Dopo
varie ore di ricerche non trovammo niente fino a quando, io e la mia
compagna di
avventura, ci dirigemmo verso un antico tappeto persiano e,
spostandolo con molta delicatezza, trovammo quello che stavamo
cercando: una botola.
Appena
la aprimmo un’aria agghiacciante ci avvolse, era tutto
terrificamente tetro, ci doveva essere qualcosa di mostruoso là
sotto, comunque dovevamo scendere altrimenti non saremo mai riuscite
ad andarcene.
Appena
scese le scale ci ritrovammo davanti una serie infinita di celle con
dentro tanti scheletri; ed era come se le loro anime ci
proteggessero perché non volevano che anche noi come loro
rimanessimo intrappolate in quel castello maledetto.
Davanti a noi si presentò un cartello con la scritta:” se ti fissa
con i suoi occhi che impietriscono gli sciocchi, cerca subito una
scusa non guardare la medusa”.
Sul
muro vedemmo delle ombre, erano dei serpenti, subito buttai la mia
amica a terra e le dissi di non guardare in faccia quel mostro
altrimenti si sarebbe pietrificata.
Con
molta cautela ci alzammo e ci bendammo gli occhi con alcuni pezzi
dei nostri vestiti e proseguimmo seguendo una luce che ci copriva di
calore.
Arrivate davanti alla porta subito la chiudemmo, ci togliemmo le
bende e… ci ritrovammo in un giardino pieno di statue, pensavamo che
era tutto finito quando la mia amica prese uno specchietto che aveva
nella tasca e lo mise da vanti a noi.
Quando
lo togliemmo la mostruosa creatura era diventata di pietra e tutto
ad un tratto un vortice ci risucchiò.
Quando
finalmente ci svegliammo ci trovavamo alla festa e con un semplice
sorriso ci accorgemmo che era stato tutto un sogno.
“ Ehi guarda”! la mia
amica si mise la mano in tasca e… non era stato un sogno era la
realtà !!!
Chiara Odoardi
Veronica Pesoli III L
Cara
mamma,
l’unica cosa che non sono mai riuscita a dirti è che ti voglio tanto
bene. Sicuramente lo sai già, ma dovertelo confidare di persona è
diverso. E’ come un’interrogazione nel giorno in cui sei poco
preparato: ti blocchi di fronte all’insegnante che vuole sapere ed è
deluso per il tuo mutismo. Per me è lo stesso; cambia solo il
contesto.
Ricordo che da piccola ti accompagnavo in terrazza per stendere il
bucato e ti dicevo:” Mamma, il cuore mi ha suggerito di dirti
che ti vuole bene”. Tu allora mi abbracciavi e mi davi un
bacio sulla guancia.
Ti
voglio bene, mamma.
Ogni
giorno sono sempre più convinta che oltre ad essere una mamma
meravigliosa, sei un’amica speciale. Quando sono arrabbiata con te
vorrei cambiare famiglia, ma non preoccuparti, è solo un pensiero
sciocco: non lo farei mai, credimi.
Ti
voglio bene, mamma, perché prepari la colazione, perché cucini,
perché metti in ordine la casa… perché sei la mia mamma.
Ti
voglio bene perché nonostante le mie debolezze, mi sopporti senza
chiedere nulla in cambio. A volte mi chiedo come fai!!!
Ti
voglio bene, mamma, perché mi sei vicina anche quando sbaglio.
Allora ti guardo con ammirazione ed anche se non sembra cerco di
proteggerti da me stessa, dai miei capricci e dalle mie stravaganze.
L’unica cosa che conta, però, è che ti voglio bene.
Denise Di Via II G

A Lui
Il mio ragazzo è
bello e intelligente
ma soprattutto è attraente.
E’ dolce e carino
ma soprattutto
non è piccolino.
E’ bravo e astuto
solo alcune volte
un po’ ottuso.
Insomma è
speciale
non te ne puoi
non innamorare…
In effetti di lui
sono cotta
e sono guai a chi
me lo tocca.
Lui è la mia
passione
il mio cuore
batte dall’emozione.
Veronica Giorgio II M

In
un campo di fiori
Un
bocciolo si aprirà,
E’
segno di un amor
Che
sta per sbocciar.

Ma
se l’amor,
pace non troverà,
ti
assicuro quel fiore,
appassirà.
La roccia
Per quanto il vento ululi forte,
una montagna non può piegarsi ad esso.
Come…..
Come un girasole guarderà per sempre il sole,
io
guarderò per sempre te ,mio amore.
L’alba
All’alba il sole si tinge di giallo,
alla tua vista il mio cuore diventa rosso.
Una
goccia
Se
il mio cuore fosse il mondo,
il
mio amore una goccia d’acqua,
se
tu fossi un delfino,
potresti nuotarci dentro.
Le rose
Le rose sono rosse,
sono belle e colorate
hanno colori di
chi ama.
Salutano col cuore
di chi è innamorato
del regalare
un soffio di tenerezza
a un cuore spezzato
o che non si spezzerà mai.
Ilaria Antonazzo II Q

Questo di voi ci rimane
Ardore
onore
gloria
dolore: questo di voi ci rimane
Eroi
Per i nostri eroi abbiamo pianto
Tanti fiori abbiamo
portato:
A Roma il funerale si è
fatto
E tanto si è pregato.
L’animo nobile ed il
coraggio
Sempre di loro saranno
ricordati.
Voi eroi come un fiore
Soldati, siete come un fiore
E siete morti con onore.
Alla vostra gloria penseremo
E nel nostro cuore vi ricorderemo.
Matteo Rinaldi II G
Morte crudele quando
vieni a prenderci non c’è ostacolo che ti trattenga. I buoni e gli
eroi sono la preda preferita della tua ingiusta e famelica bocca.
Spero che tu, mio Dio, possa guidare il popolo iracheno e far sì che
la pace torni tra quelle genti.
Jessica Antonini II G

Soldati,
siete partiti per la pace
e non temevate la guerra.
Siete ritornati nella vostra terra
Adagiati nelle vostre bare,
senza vita.
Da quel letto di morte avete abbracciato i
familiari
Presenti increduli al vostro funerale.
Valentina Linguido II G

Paura e tristezza sento
nel cuore. Le vincerò… se penserò alla morte come un evento
tremendo, il quale dona la Vita che nell’aldilà ancora più
bella sarà.
Matteo Rinaldi II G

Quando la Pace ci sarà
L’uomo non più soffrirà
E la crudeltà soffocherà.
Pregate voi eroi da lassù
E la Pace ci sarà.
Vitalba Biondi II G

Racconto
Dopo due lunghi mesi di lavoro,
John era riuscito a portare a termine la costruzione di una macchina
innovatrice, una macchina capace di mostrare all’uomo il suo passato
e il suo futuro, denominata dallo stesso John la macchina del tempo.
Assomigliava ad una sfera
trasparente, situata in mezzo a degli enormi blocchi di ferro
rettangolari un po’ incurvati, con degli oggetti dalla forma
irregolare e strana attaccati nella parte inferiore, che mantenevano
la macchina saldata a terra.
John aveva già fallito due volte e
non intendeva farlo una terza. Così dopo aver contemplato per un po’
la sua nuova invenzione, decise subito di metterla alla prova.
Dopo essere entrato in quella
sfera, con il cuore che gli batteva fortemente, mise in azione la
macchina. Gli enormi blocchi di ferro iniziarono a girare attorno a
questa sfera con una velocità inimmaginabile e attorno ad essa si
iniziò a creare un enorme campo magnetico.
John, un po’ impaurito ma
ottimista, iniziò a vedere attorno a sé un paesaggio tutto nuovo.
Era smarrito, poiché non sapeva in che anno si trovava ma a
giudicare dal paesaggio era certo che fosse nel futuro.
Scese rapidamente dalla macchina
ed iniziò ad ispezionare il luogo… C’era pochissimo verde, le case
erano state sostituite da enormi e strani palazzi situati in alto,
molto in alto… le strade erano fittissime ma non erano salde a
terra, galleggiavano per aria e… le auto erano molto belle ed simili
a quelle della sua epoca, ma non avevano le ruote. Improvvisamente
lo sguardo di John si distolse dal paesaggio ed iniziò a fissare un
piccolo oggetto volante che si avvicinava rapidamente.
A mano a mano che si avvicinava
riusciva a scorgere più particolari di quell’oggetto un braccio poi
una gamba… ma era, era una donna e stava… volando. John era
incredulo non poteva credere ai suoi occhi, era impossibile che
qualcuno potesse volare.
Quando la donna gli si avvicinò,
John smise di pensare alle diversità che c’erano e si concentrò su
quel momento. La donna toccò terra e si avvicinò ancora di più
mentre lui restava immobile. Gli disse gentilmente e con un tono di
voce pacato: - Ha bisogno di aiuto signore?- John sorpreso che
parlasse la sua lingua non rispose… - Si sente bene?- Disse lei un
po’ preoccupata. John rispose: – Veramente non mi sento molto bene,
ho compiuto un lungo viaggio e sarei un poco affamato- la donna
disse: – Non c’è problema se vuole la posso accompagnare in qualche
ristorante-
- Sarebbe molto gentile da parte
sua però non ho soldi– disse lui.
- Come non ha soldi?- chiese la
donna.
John si vide costretto a
raccontarle la sua storia… lei lo invitò a casa sua a mangiare e lo
ospitò per diversi giorni spiegandogli molte cose e rispondendo alle
diverse domande e ai dubbi che lui aveva.
Trascorsi alcuni giorni
dall’incontro, Laura (questo era il nome della donna che aveva
conosciuto) accompagnò John alla macchina del tempo e con molto
dispiacere lo salutò e attese che lui e la sua macchina
scomparissero nel nulla. John era molto triste poiché doveva
lasciare quella terra così bella e, mentre la rivedeva per l’ultima
volta, gli apparve di nuovo il suo garage e quel mondo ormai per lui
vecchio.
Leonetti Stefania III L

Sognando la pace
Nel più profondo angolo del mio cuore
E solo un importante desiderio
Sono riuscito a trovare:
La guerra poter fermare.
Le scene di terrore
Che mi mettono un gran timore
Sono tutte di violenza
Eppure i terroristi
Non possono viver senza.
Ma sento che posson migliorare
E la pace almeno riuscire a sfiorare
E percepirla calda nei nostri cuori
Senza sofferenze e senza dolori.
Davide Castellano IB

HO VISTO…

Ho visto uomini morire
Ho visto bambini fuggire
Ho visto donne urlare
Ho visto torri crollare
Ho visto carriarmati avanzare.
Allora ho chiuso gli occhi
E ho sognato un mondo migliore.
Domenico Capasso 1 B Odescalchi

Per me il mondo è
Un
miscuglio di razze
Con persone un po’ pazze
Rosse gialle blu
Così sarai anche tu.
Per me il mondo è
Valli monti e pianure
E bellissime sculture.
Per me il mondo è
Bello com’è:
un giardino incantato
da Dio creato.
Radu Oana
1BOdescalchi


La rabbia di non
poterti avere
il vederti ogni giorno in TV
averti nei miei pensieri
che accompagnano
il mio stato d’animo
che diventa cupo e triste
al solo
guardarti.
La tristezza mi accompagna
in ogni avventura
in ogni giorno assolato
che diviene subito nuvoloso.
I miei occhi riflettono il tuo viso
ed il mio cuore piange.
Davanti a me c’è un muro
costruito giorno per giorno
per la paura di soffrire
ma con te non c’è rimedio,
il muro costruito
si divide in mille frammenti.

Emanuela Gaudier Tina D’Alessio
III L

Strano, vagare nella nebbia!
E’
solo ogni cespuglio ed ogni pietra,
né
gli alberi si scorgono tra loro,
ognuno è solo.
Pieno di amici mi appariva il mondo
quando era la mia vita ancora chiara;
adesso che la nebbia cala
non
vedo più alcuno.
Saggio non è nessuno
che
non conosca il buio
che
lieve ed implacabile
lo
separa da tutti.
Strano vagare nella nebbia!
Vivere è solitudine.
Nessuno essere conosce l’altro,
ognuno è solo.

(da Hermann Hesse, Poesie,
Guanda)
La poesia parla
della solitudine di cui spesso è preda l’uomo e nel disegno io l’ ho
intravista nell’uomo anziano seduto sulla panchina. Infatti una
delle persone più sole è sicuramente l’uomo anziano che vive di
ricordi e ha pochi sogni. Il mondo intorno a lui troppo veloce ed
egoista per poterlo coccolare nei suoi ultimi anni.
Federica De Felice II N
Alla farfalla,
mentre sta scrivendo, vengono i raggi non del sole, ma del buio.
L’accaparrano la debolezza, la tristezza, la solitudine che la fanno
scrivere perché si sente sola e vuole esprimere a qualcuno i suoi
sentimenti, quindi scrive sulla carta che rimane per sempre (invece
gli amici se ne vanno). Il buio che la “attacca” significa
solitudine, solitudine che la spinge a scrivere,e piange perché è
molto triste.
Invece le altre
farfalle si allontanano felici e allegre; dietro di esse, si chiude
una porta: la farfalla triste rimane chiusa, nel buio. Tutti se ne
vanno gioiosi, mentre lei rimane sola e triste. OGNUNO E’ SOLO.
Simona Golasu II N


LE POESIE
Nel silenzio
Nel silenzio buio della notte,
una lacrima scende sul mio viso.
Nel silenzio di una notte spaventosa,
penso e piango per te.
Nel silenzio profondo della notte,
scopro la passione infinita che provo per te.
Nel silenzio di una notte da favola,
non faccio altro che sognarti.
Nel silenzio da brivido delle notti che trascorro,
la tua immagine è sempre davanti ai miei occhi.
Nel silenzio di una notte d’amore,
mi accorgo di amarti tantissimo!
Papà speciale
Mi hai insegnato a camminare con le mie gambe,
ad amare il prossimo, la vita e a superare
le difficoltà che questa ci riserva.
Anche se non te l’ho mai detto: grazie papà!
Grazie per tutto quello che hai fatto per me,
grazie per essermi stato vicino quando desideravo
l’affetto di una mamma!
Realizzato da: Elisa Roncella

ONDE
Spumeggianti
si infrangono
rompendosi
contro gli scogli
Granelli Sara

Vita Perduta
Dolore delusione
Tristezza disperazione
Pena amarezza
Distinguono ogni bellezza.
Tutto ciò è sentito
Anche da gente che non l’ha vissuto.
Con la solidarietà
Vi siamo vicini
Insieme anche
Ai bambini più piccini.
Ogni vita perduta rimarrà nel cuore
E riempirà d’amore
Lasceremo alle spalle
Ogni minima vendetta
E se allontaneremo da noi
Qualsiasi terrore.
Chiara Giraldo 3D

11 MARZO

Che cosa non darei per una serena libertà
Vorrei essere
come un uccello che vola senza limiti
Con quelli
della sua specie e in piena gioia
Che cosa non
darei per la pace nel mondo
Con essa non si
leggerebbero più sui giornali
Notizie di
attentati, persone uccise,
Insanguinate da
quelle continue guerre
Che arrecano
solo sofferenza ,tristezza
E paura.
Che cosa non
darei per un mondo senza
Ingiustizie e
crudeltà.
Tutto ciò
rimane solo un sogno?
Non è vietato
vero?
Ad alcune
persone rimane solo questo…
Noemi Pirrello 3°D

L’ombra
La vedi quella donna,
In fondo alla strada?
Ella è invecchiata
In pochi minuti,
Gira col volto chino
E parla al silenzio
Ogni tanto torna indietro,
Forse verso la sua ombra?
Poi riprende il suo cammino
E di nuovo si volta.
È stanca?
Aspetta qualcuno?
Quella donna,
In fondo alla strada,
Cammina con sospetto
Ed ormai teme di perdere
Anche la sua ombra.
Valentina Salvati 3 D

Sogno la pace

Il dolore
nient’ altro che dolore
In un mondo
dove
Chi soffre è
sempre l’innocenza
A quanti
bambini si vieta vivere?
A quanti si
toglie l’affetto dei cari?
Chi è così
crudele?
Noi vogliamo la
pace!
Noi chiediamo
la pace!
Noi sogniamo
la pace!
Sanchirico Simona 3 D

Il mito
Il caos degli Dei
Era il caos.
I pianeti,
l’acqua, il fuoco, la terra, la luna, il sole
E molti altri
elementi erano mischiati tra loro.
Bisognava dare
un ordine a tutte le cose, ogni
Elemento doveva
regnare su qualcosa, perché
così c’era una
tremenda tristezza.
Così, la Dea
Giulia, quel giorno decise di cambiare.
Prima di tutto
creò la terra, perché si potesse camminare;
creò l’aria,
perché si potesse respirare, l’acqua perché si potesse bere e il
fuoco per riscaldarsi.
“Sembra che le
cose vadano meglio!” esclamò.
Intanto,
accadeva qualcosa di simile solamente in un pianeta lì vicino.
Lì regnava
la Dea Fabiola che mise tutti gli elementi al posto sbagliato: la
terra in aria, l’aria in terra, l’acqua e il fuoco nell’aria.
“Ah! Questo si
che è giusto!”esclamò soddisfatta.
Nel regno però
la tristezza e le tenebre avvolgevano tutto.
Così, tirò fuori
dal caos il sole e la luna.
Il primo, lo
mise a regnare durante il giorno e il
secondo,
durante la notte
Invece, nel
regno della Dea Fabiola, avvenne il contrario.
“Ora è buono, ma
c’è ancora tanta tristezza”
disse la Dea
Giulia poi aggiunse : “Voglio creare gli animali, che possano
dominare la terra”
E così fu: creò
animali in cielo, in terra e perfino nell’acqua.
Altrettanto fece
la Dea Fabiola ma come sempre, confuse le cose.
“Ora sì, che il
mondo è più vivo, ma ha bisogno di un essere superiore, che domini
sul cielo, sulla terra, sul mare e sugli esseri viventi!” disse la
Dea Giulia.
Dette queste
parole, creò l’uomo e la donna e poi, andò nel mondo della Dea
Fabiola.
“Tu mi hai
copiato, ma hai messo ogni cosa al posto sbagliato e poi io ho
creato un essere superiore, un essere che dominerà tutto il
pianeta:"L’uomo".
Allora la Dea
Fabiola, si spaventò e chiamò altre Dee in aiuto.
Comparvero
allora le Dee Federica e Taisir,
che confermarono
il mondo creato come migliore.
Altrettanto fece
la Dea Giulia che chiamò la Dea Lucia e la Dea Roberta.
Sembrava proprio
un duello a squadre: tre conto tre.
All’improvviso,
comparvero gli Dei Oscar, Gianluca e Alessio,
che dissero alle
sei Dee:
“Voi litigate
per nulla! In realtà,i vostri mondi sono tutti sbagliati;
venite con noi e
troverete il vero mondo giusto”
“No,aspettate un
momento! Noi abbiamo creato il mondo giusto,
così com’è e
come sarà per sempre” dissero gli Dei Andrea, Gionatan e Lorenzo.
La Dea Giulia,
la Dea Fabiola e tutte le loro amiche non capivano più niente. Così,
fu il momento della Dea suprema: la Dea Giordana.
Questa disse
“Ora smettetela di litigare per queste sciocchezze, il mondo più
adatto per la sopravvivenza di tutti è quello della Dea Giulia e
sarà quello che io farò nascere e chiamerò Terra; gli altri pianeti,
non verranno eliminati, formerò l’Universo e ognuno dei pianeti da
voi creati, ne farà parte”.
Dette queste
parole, la Dea suprema Giordana formò l’Universo e proclamò il
pianeta terra: pianeta pieno di vita e di felicità.
Manzin Giulia 1D


Acqua fresca e cristallina
cadi fresca sul mio viso.
La tua pioggia è il mio sorriso.
Batte sulla spiaggia
l’acqua del mare
mentre i gabbiani
continuano a volare.
Davide Orchi II M


Oltre
questo colle
di
luce e speranza
dove
nascono fiori rari,
coccolati da affettuosi gesti,
dissetati dall’oro blu,
crescono fiori semplici
profumati di malinconia.
Vorrei
essere la pioggia
per
rendere verde
la
terra e far crescere i fiori.
Vorrei
contagiare
tutti i campi del mondo
per
far crescere i girasoli.
Valerio Baccini, II M
In questa
poesia ho utilizzato alcune metafore per esprimere il mio pensiero.
La prima è costituita dal “colle” che rappresenta un confine, una
separazione. Nella metafora fiori rari e semplici intendo riferirmi
ai bambini che hanno una famiglia e che vivono una vita “normale”,
che a volte chiedono di più, non accontentandosi dell’affetto da cui
sono circondati. In altri paesi del mondo vi sono creature
“semplici” che non hanno una famiglia, non hanno una dimora e per
questo soffrono, soffrono molto.

Sei un film meraviglioso e avvincente in cui non esiste il
fotogramma con
la parola: “FINE”
Oggi
cupido ha lanciato una freccia nel
Mio cuore…. Sopra c’era scritto il tuo nome!!!
Se sbocciasse un fiore ogni volta che ti penso,
il mondo sarebbe un immenso e stupendo prato in fiore!!!
Se ogni volta che ti penso ti cadessero i pantaloni,
andresti in giro in mutande!!!!!
Sai perché quando sei nato pioveva? Perché Dio
aveva perso la stella più bella!!!
By
Angela Bruno 2Q


GIOVANNI
PASCOLI
Il giorno fu
pieno di lampi:
ma ora
verranno le stelle
le tacite
stelle. Nei campi
c’è un
breve gre gre di ranelle.
Le
tremule foglie dei pioppi
trascorre
una gioia leggièra.
Nel
giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace,
la sera!
Si dèvono
aprire le stelle
nel cielo
sì tenero e vivo.
Là, presso
le allegre ranelle
singhiozza
monotono un rivo.
Di tutto
quel cupo tumulto,
di tutta
quell’aspra bufera
non resta
che un dolce singulto
nell’umida
sera.
È, quella
infinita tempesta,
finita in
un rivo canoro.
Dei
fulmini fragili restano
cirri di
porpora e d’oro.
O stanco
dolore, riposa!
La nube
nel giorno più nera
fu quella
che vedo più rosa
nell’ultima sera.
Che voli
di rondini intorno!
che gridi
nell’aria serena!
La fame
del povero giorno
prolunga
la garrula cena.
La parte,
sì piccola i nidi
nel giorno
non l’ebbero intera.
Né io e
che voli, che gridi,
mia
limpida sera!
Don Don
e mi dicono,dormi!
mi cantano,
Dormi! sussurrano,
Dormi!
bisbigliano, Dormi!
là, voci di
tenebra azzurra
Mi sembrano
canti di culla,
che fanno ch’io torni com’era
sentivo mia
madre poi nulla
sul far
della sera.
(da
Canti di Castelvecchio, Mondadori)
Un vecchietto,
seduto su un altalena, tiene in mano un fiore rosso che simboleggia
che la tristezza, la fame, la malinconia, sono ormai per lui
solamente un passato difficile; gli altri fiori neri (simbolo di
tutto il male sofferto) sono a terra, dove lui non tocca, perché è
come sospeso in aria, su un’altalena appesa a una nuvola rosa. Quei
fiori appassiti sono quindi lontani, ma continueranno ad esserci
(=ricordi).
L’altalena sulla quale si dondola è simile ad una dove spesso sedeva
da piccolo , con la differenza che ora, sulle sue labbra, c’è il
sorriso. Dietro di lui c’è il sole, anche se è notte (per indicare
un futuro più sereno).
Sara
Rutili, II°N


 

Sento
il vento.
Ha dentro
semi di suono.
Li posa e riposa
nelle orecchie segrete
dove sole e pensiero sono
insieme.
Quei semi di
di suono
lentamente
crescono
in musiche rumori voci immense
e dolci.
In conchiglie
Cresce il rumore di mare.
Poi torna il vento.
Sento soffi freschi
asciugare i rumori tagliate le foglie
alla musica e al suono
fino al
silenzio.
(da
Quieto patato, Nuove Edizioni romane)
Per me il vento è formato da piccole
“fatine ballerine” che ballano e cantano, ma solo chi vuole
riesce ad ascoltare la loro magia; trascinano via con sé tutti i
pensieri cattivi che incontrano e che a loro volta si trasformano in
altri folletti, ossia in pensieri felici. È veramente un peccato che
molte persone non riescano a sentirle e spesso queste sono quelle
persone a cui manca la fantasia.
A me il vento piace.
Sara
Rutili, II N



Secondo me, è davvero giusto ciò che dice Ariosto nell’“Orlando
Furioso”: infatti, sulla terra, ormai la ragione non c’è più. E
pensare che non si può più parlare apertamente e con sincerità che
subito si viene ritenuti pazzi e rinchiusi in manicomio con tanto di
catene!
Io
credo che la pazzia sia un dono. Capita spesso che grandi idealisti
e poeti vengono riconosciuti come pazzi o, per lo meno, incompresi.
Ma la loro non è pazzia, bensì voglia di novità e di essere
compresi, cosa che non ci fu mai e che, alla fine, li portò ad
essere esclusi e allontanati dal mondo, e quindi alla pazzia.
Anche
io mi ritengo “pazza”( più che altro incompresa). Già il fatto che
il mio nome, ”Giuseppina”, è all’antica mi fa sembrare strana, ma io
penso che sia un pregio essere una delle poche persone ad averlo.
Poi
ci sono anche altre cose, come il fatto che tutto ciò che per gli
altri è difficile per me è facile e viceversa. Ma la stranezza più
stranezza di tutte è che io preferisco fare cinque ore di lettere (lettere
sì, ma niente grammatica) che cinque ore di educazione fisica.
Ma allora io sono pazza in tutto e per tutto?!?
Giusy
Visciano II N

L’acqua che attraversa
gli occhi tuoi
è pianto!
L’acqua che scende
dal cielo
è pioggia!
L’acqua che penetra
Nella terra
è vita!
HELENA IERARDI II M



L’acqua è di tutti
l’acqua è preziosa.
L’acqua è vita.
Limpida, azzurra e chiara.
Veloce a scorrere
nei fiumi.
Calma al mare.
A volte nemica.
TIMMY SCOPINARO II M


Vorrei essere un gabbiano,
per toccare il cielo
azzurro, limpido e sereno.
Sogno e
desiderio
di libertà:
volare, volare
per l’eternità!
JESSICA CIULLO II M

Non credo di averti amato
o forse è solo il presente
che cancella il passato.
Non so se l’amarezza
ha buttato via il ricordo
della tua dolcezza,
il ricordo di un passato
vissuto ed amato
non so se ti amo ancora,
o è solo nostalgia
di non parlarti ora.
Non so se il tuo ricordo
è sepolto nella mia mente.
Non so se quel tuo mondo
ancora possibile al presente.
So bene….

So bene che è solo uno tra tanti,
ma lui sembra tutto in questi momenti, e se ho
davanti a me altre 1000 età, lui è di più,
è
l’eternità!!!!
So bene che è solo un’illusione,
una goccia nel mare di emozione, ma
adesso significa
vita,
è lui la mia parentesi infinita!!!
Amore profondo

Mi chiedo se starti qui a pensare,
sia un bene o un male, se continuare
a sognarti, sia amore o ossessione.
Mi domando perché capiti a noi quest’amara stranezza.
Mi chiedo se amarti sia normale o se anche questa volta
sia una storia casuale!!!
Angela Bruno 2Q
Lacrime di bambino

Pioggia inquieta
Mare placido
Ruscello che scorre rapido
Tanta acqua
ma non tutta
quella che serve.
La vita a lei è uguale:
veloce, preziosa, rara.
Dolce, a volte amara.
Jessica
Bordi II M

In un tiepido mattino
di marzo mi sveglio
come uno scoiattolo
che esce pigro dal suo letargo.
Mi affaccio alla finestra:
ecco bellissimi fiori
colorati e talmente vivaci
che il prato è arcobaleno
insieme con il cielo;
uno spicchio
di sole illumina e riscalda
il mio viso.
Ad occhi chiusi
immagino di volare felice
con ali splendenti e leggere.
E’ così che si risveglia silenziosa
la primavera.
Serena Bonemei II M
Con questa poesia ho voluto esprimere il mio stato d’animo, nei
giorni di primavera, la mia gioia. Il titolo “silenziosa primavera”
l’ho scelto perché questa stagione arriva in punta di piedi e
nessuno sembra accorgersene; ma se osserviamo più attentamente ci
accorgiamo anche di quanto sia bella la natura.
Ho voluto trasmettere quanto sia importante sognare e volare con la
mente, lasciarsi andare e volare, volare oltre l’infinito. Nella
realtà noi non lo possiamo fare fisicamente, ma con il pensiero sì e
questa è una piacevole sensazione che fa star bene come la
primavera.

ACQUA

Acqua di
fiumi, acqua di pozze,
acqua piovana nelle tinozze.
Acqua di vita, acqua sei fonte,
senza di te si soffre e si muore.
Acqua preziosa
che mezzo mondo non ha,
acqua sprecata
da chi troppa ne ha.
S. Orchi IIM

Che vaga tranquilla nel mondo
È la signora dell'universo
È la vita.
In lei dimorano gioia e dolore,
morte e vita.
Lo specchio del cielo
Dolcemente avanza
E presto arriverà
Vita e libertà ti porterà
E la tristezza se ne andrà.
Di tante lacrime è formato,
dolci e bianchi sorrisi ha donato
e con un nome è chiamato:
MARE
Grilli
Annalisa IIB

LO SPECCHIO DEL CIELO
Sulla
riva del mare il vento fa solletico alle onde.
Chiazze
multicolori per magia spuntano dal mare
Come
degli uccellini appena nati.
Il letto
del mare ospita il tramonto
Coralli
e pesci di ogni genere.
La
coperta è un lenzuolo azzurro,
bordato
di schiuma dal quale vengono fuori le onde
che si
infrangono su castelli di scogli.
Massetta Eleonora
IIB

Che viaggia veloce sul viso;
il mare è un porto celeste che fa impazzire
tutti i bambini di gioia.
Il mar è il cuore di Dio,
che penetra nel nostro corpo come il sangue.
Roscioli Erik
IIB

LO SPECCHIO DEL CIELO
Il mare:
un velo azzurro che con il vento si muove.
Tutti si divertono a tuffarsi dentro.
Come il sale nell’acqua bollente.
Tutti si divertono a giocare nelle onde spumeggianti
Come bambini
Che schiacciano la tristezza.
Limongelli Angela
IIB

Oggi è una giornata di vento.
Passeggio sulla spiaggia contando le onde
Ne conto più di cento.
Il mare è un immenso specchio che riflette il cielo
E fa compagnia ad un uomo stanco e vecchio.
Nella tranquillità del mare
Ha un miraggio
Vede suo figlio in barca
Partito tempo fa per un lungo viaggio.
Prega con tutto il cuore al mare
Affinché lo protegga sempre
E lo faccia ritornare.
Marino Jeanette IIB

“Buon giorno sole! Specchiati in me…”
“Ma
certo mare! Specchio è casa mia…”
“Buona
notte luna…
Sono la
casa del sole e della luna…
Non si
sopportano quei due!
Quando
uno esce
L’altro
entra!”
Marocco Francesca
IIB

LA NUVOLA VERDE
Il bosco si prepara
Per la
marcia verso la montagna.
È un
oceano verde
Dove la
mente nuota.
Bosco:
labirinto e rifugio per gli animali,
fantasia
di un bambino,
immagine
di serenità
nuvola
verde che si muove verso mete sperdute.
Federica
Galantucci IIB

Il bosco è una nuvola verde
Così
intenso che ti fa smarrire per le strade.
Il bosco
è un rifugio per gli animali.
Gli
alberi sono
Dei
soldati di legno
Che
stanno sull’attenti.
Il bosco
è la fantasia di un bambino
Pieno di divertimento.
Federica Zappulla IIB

IL
FUTURO
di
Gianni Rodari
Il
futuro credetemi,
è un
gran simpaticone,
regala
sogni facili
a tutte
le persone.
-Sarai
certo promosso-
giura
allo scolaretto.
-Avrai
voti lodevoli,
vedrai
te lo prometto-.
Che gli
costa promettere?
-Oh,
caro ragioniere,
di cuore
mi congratulo;
lei sarà
cavaliere!-
-Lei che
viaggia in filobus,
e suda e
si dispera:
guiderà
un’automobile
entro
domani sera-.
-Lei
sogna di “far tredici”?-.
Ma lo
farà sicuro!
Compili
il suo pronostico:
ci
penserà il futuro!
Sogni,
promesse volano...
Ma poi
cosa accadrà?
Che
ognuno avrà il futuro
che si
conquisterà.

“ Che romantico questo Dracula…”
Da Vlad Dracula al conte Dracula il vampiro
C’era una volta il conte Dracula, il vampiro
della Transilvania. O meglio c’era una volta un nobile rumeno che
non era conte ma principe, non era transilvano ma valacco, non
veniva chiamato “ Dracula”, se non occasionalmente, e soprattutto
non era un vampiro.
Vlad
Tepes(nato nel 1431 e morto nel 1476) rimane nella storia della
Romania una figura controversa. Principe di Valacchia, venne in
origine soprannominato “Dracula”, cioè figlio di Vlad Dracul, padre
e predecessore sul trono di Valacchia, ma passò alla storia con il
soprannome di “Tepes” cioè “impalatore”, dal supplizio che usava per
i nemici e che aveva imparato dai Turchi. Spietato ma coraggioso,
temerario ma capace di improvvise ritirate strategiche, che lo
portano, per esempio, dalla Valacchia invasa dai turchi in
Transilvania, Vlad Tepes è per alcuni storici il primo sovrano
capace di pensare alla Romania come un moderno stato nazionale, per
altri un tiranno cinico e brutale e capace perfino di alleanze
sotterranee con i cattolici e con i turchi, pur di sottrarre potere
ai feudatari rivali della sua stessa religione ortodossa. I vampiri
non c’entrano. L’idea che alcuni morti possono uscire dalla tomba di
notte e attaccare i viventi per nutrirsi del loro sangue è di
origine molto antica e si ritrova presso molti popoli, dai greci ai
romani e dagli indiani ai cinesi. A partire dalla fine del seicento
autentiche crisi di paura collettiva dei vampiri dilagarono
nell’Europa dell’Est, dall’Istria all’ Ungheria e dalla Polonia alla
Serbia. La Transilvania e la Valacchia rimasero in realtà alla
periferia del fenomeno. Alla fine del settecento si spensero le
ultime crisi di panico vampiristico collettivo, ma della figura del
vampiro cominciarono a impadronirsi i poeti, da Coleridge a Keats e
da Goethe a Byran. I morti che uscivano dalle tombe negli incubi dei
contadini dell’Europa orientale nel seicento e nel settecento non
avevano nulla di affascinante; si trattava, in genere di vecchi
compaesani morti con una cattiva reputazione. Sono i poeti romantici
a fare del vampiro un personaggio affascinante, quasi sempre
aristocratico, colto e bello. Dalla poesia il vampiro passa alla
prosa. Il romanzo dell’irlandese Bram Stoker, pubblicato a Londra
nel 1897, non è il primo, ma è il più famoso. Stoher chiamò il suo
vampiro “Dracula”, ispirandosi al principe valacco che aveva
lasciato una fama sulfurea per il modo in cui trattava i nemici e
che lo scrittore trasformò, appunto, in un conte transilvano. Il
vampiro non fece piacere ai rumeni e il romanzo di Stoker non venne
tradotto né nella Romania monarchica né in quella di Ceausescu. La
prima traduzione ha dovuto attendere la caduta del comunismo ed è
uscita nel 1991. Ceausescu, per altro, si fece convincere a far
costruire in Transilvania al ”Passo di Borgo”, il luogo dove Stroker
colloca la dimora del suo vampiro, un albergo ”Castle Dracula” ad
uso dei turisti americani. Caduto Ceausescu gli entusiasti di
Dracula, furono numerosissimi nel mondo. Il romanzo di Stoker è il
quarto libro più letto di tutti i tempi e Dracula insieme a Shorlock
Holmes è il personaggio più ripreso nel novecento. In Romania è nata
una “Transylvanian Society of Dracula” che ha potuto proclamare il
1995 “anno di Dracula” e celebrare un congresso mondiale itinerante
che ha portato un centinaio di docenti universitari, storici,
sociologi e altre tanti appassionati e giornalisti in giro per la
Romania per una settimana, sui luoghi sia del Vlad Dracula storico
che del conte Dracula immaginario di Stoker.
LA VERA STORIA DEL CONTE DRACULA
Il conte
Dracula è, dunque, esistito veramente?
Nella
Romania intorno al medioevo un conte aveva fatto costruire il suo
castello sulla sommità di una collina.
Da lì
poteva dominare tutte le sue proprietà.
Questo
conte era il famoso conte Dracula. La leggenda del vampiro nasce dal
fatto che questo individuo era un tiranno, che chiedeva ai contadini
del villaggio tasse molto alte, che arrivavano addirittura a portare
via tutti i risparmi di una povera famiglia.
Da qui
nasce il fatto che era visto come uno che succhiava il sangue delle
povere persone. Ma questo non era il solo motivo per cui era
chiamato mostro.
I ladri
e i ribelli del paese non li imprigionava nel castello, ma li
impalava ai bordi delle strade principali nel paese come avviso ai
possibili trasgressori delle regole imposte. Alcuni di questi
prigionieri venivano decapitati e le teste venivano messe su dei
pali di legno e usate come delimitazione del paese e come avviso ai
possibili vicini che volevano attaccare le proprietà del conte. La
realtà diventò leggenda e si aggiunsero elementi di pura fantasia,
che hanno fatto arrivare a noi la storia del conte Dracula come
essere soprannaturale.
Benko Alexandra IIIB

I
bambini non votano:
l’ha ordinato il
dottore?
Mah, proviamo a chiederlo a un
dottore, Fulvio Scaparro, psicoterapeuta ed esperto del mondo dei
bambini: < No, secondo me semplicemente perché è giusto che gli
adulti si prendano le loro responsabilità. I ragazzi possono
benissimo capire e decidere, ma la scelta elettorale è anche frutto
di esperienza di vita e di conoscenza dell’operato di chi in
precedenza è stato eletto. <E, per favore, basta con le farse del
Parlamento aperto, per un giorno ai ragazzi: serve ai grandi per
mostrare che li ascoltino ma spesso non è così>. E’ utile invece
“allenarsi” alla democrazia anche giocando.
Ferruggia Gianluca
Barberis Lorenzo
II°D

GOCCIA
Una goccia, una gioia
una lacrima, una tristezza
d’acqua una sorgente, tanta dolcezza.
Acqua fonte di vita
onda di felicità infinita.
Dario Coscia II M

La sera
È
sera.
La voce del giorno
Lotta contro l’urlo nero della notte
Che la incita ad andarsene
E
cedergli il comando del mondo.
Eleonora Ballarini 2°D

Poesie
Ai morti di Nassirye
Per gli altri si sono sacrificati
Carabinieri
e soldati.
Sono morti in un paese straniero
Sprofondato in un baratro nero.
Ornella Parisi
1B

Io amo ogni albero,

io amo ogni fiore…
Io amo ogni albero, io amo ogni fiore…
Io amo
la natura, la sento nel cuore.
Acque
chiare e cristalline,
stelle
che brillano birichine,
prati
verdi per correre in tondo
nella
profonda armonia del mondo!
Oh, come
vorrei cantare
Alla
terra al cielo e al mare:
“io sono
vostra amica e lo voglio dimostrare”.
Ornella
Parisi 1B

L A P R I M A V E R A

Vedo tanti fiorellini
gialli e bianchi
che seguono il
movimento
di una brezza …
È Primavera !
Sì, anche il
tramontar del sole,
che sembra non
voler più andar via,
dice che è
arrivata
la Primavera.
Anche gli
uccelli lo sanno,
quando si
alzano a festa
sugli alberi di
pesca.
La Primavera
soave e leggera
riveste la
terra
di mille colori
e riempie di
pace
tutti i cuori.
Elisa Lauria

Racconto una mia esperienza ricca di emozioni.
Qualche
tempo fa sono andata con mio padre e mia sorella a fare una gita
a Ceri, i monti di Ceri.Siamo arrivati là, di mattina molto presto;
la giornata era molto calda, ma non afosa. Dopo aver parcheggiato la
macchina ci siamo avviati verso un sentiero (non asfaltato), il
quale ci avrebbe condotti in un bosco, ricco di corsi d’acqua e…
cascate. Proprio per questo ero venuta: per vedere per la prima
volta in vita mia delle cascate dal vivo. In realtà dovevamo vedere
sette cascate delle quali non ricordo più i nomi.Il bosco era molto
rigoglioso, con moltissime piante e animali; c’erano anche delle
rovine di edifici del tempo dei romani (pensate un po’ che
spettacolo!).Per raggiungere le varie cascate abbiamo dovuto
attraversare piccoli corsi d’acqua, ruscelli e addirittura dei ponti
fatti con corde e liane, come quelli che si vedono nei film!
L’ambiente che mi circondava era meraviglioso, si sentiva il
gracidare delle rane, il dolce e melodioso canto di una varietà
inimmaginabile di uccelli…inoltre mi rendevo conto di non trovarmi
in città: l’aria, infatti, era talmente limpida, fresca e pura che
respirandola mi si rinfrescavano sempre di più i polmoni e mi
sentivo più leggera che mai. Ogni volta che ci avvicinavamo ad una
cascata l’aria si rinfrescava ancora di più e si arricchiva di
goccioline di acqua(che io vedevo fluttuare nell’aria libere), le
quali con una lieve brezza venivano trasportate fino a noi
bagnandoci leggermente.Le cascate erano magnifiche; quando le ho
viste ho provato una sensazione indescrivibile: un misto di gioia,
felicità, curiosità, stupore…La cascata che più mi ha colpito è
stata l’ultima che ho ammirato, prima di intraprendere il viaggio di
ritorno. Era quella più alta, che cadeva a strapiombo verso il basso
e terminava con un laghetto, il quale non era piccolissimo e nemmeno
molto profondo, infatti, ci ho fatto addirittura il bagno. In questo
laghetto cerano molti pesciolini che nuotavano con un’eleganza ed un
ordine unici, come se stessero danzando. L’acqua era limpida e
cristallina e appena ci ho immerso un piede per sentirne la
temperatura, mi sono accorta che era anche molto fredda (a me
sembrava ghiacciata!) … Nonostante il freddo io e mia sorella ci
siamo fatte coraggio e ci siamo tuffate; poi per abituarci un po’
alla temperatura dell’acqua abbiamo incominciato a nuotare e ci
siamo divertite ad inseguire i pesciolini. Dentro l’acqua mi sentivo
libera ed ero felicissima…Il momento più bello è stato quando, con
l’aiuto di mio padre, mi sono avvicinata alla cascata e ci ho messo
le mani e poi le braccia sotto; è stato magnifico, bellissimo
provare quella sensazione di purezza che m’ispiravano quell’acqua,
quell’aria e quel paesaggio ormai raro. È stata un’esperienza
indimenticabile!
Leonetti Stefania 3aL

Un bel giorno
sono andata al mercato con la mia mamma, sul banco della frutta e
verdura, c’erano tante cose buone, ad un certo punto ho notato che
c’erano tante belle carote, che tutte le signore compravano, alla
fine ne era rimasta solo una e non capivo il perché del fatto che
nessuno l’avesse comprata. Mi sono avvicinata ed ho notato che la
carota aveva qualcosa di strano, possedeva due gambette e si muoveva
ed ha incominciato a parlarmi; io rimasi sbalordita e gli chiesi:
“Tu sei
una carota speciale come fai a parlare e a muoverti?” “Beh vedi,
sono speciale solo perché tu mi vuoi vedere speciale”.
“Perché gli altri non ti vogliono e non
ti hanno comprata ma invece hanno scelto le altre carote,
lasciandoti sola?”.
“Le persone
comuni, guardano l’apparenza o la bellezza e non vedono la
semplicità che può rendere molto speciali tutti noi di conseguenza
non sanno quello che si perdono”.
“Io però ti ho notata, e sono molto
contenta di aver parlato con te, ora cosa farai?”
“Aspetterò, aspetterò che passi
una altra persona speciale quanto te che mi noti e si fermi a
parlare con me”.
Sara MANGIONE I L

Rinascere animale

A volte desidero essere un uccello
Volare per il mondo
E bere da un ruscello.
A volte desidero essere un delfino
Sparire negli abissi profondi
Di un mare con bellissimi sfondi.
A volte desidero non essere un uomo
Per non infondere violenza
A chi vuole vivere senza.
Castellana Davide
1B

Il mio gatto
     
Col mio gatto
Faccio un patto:
Se fai il matto
Io ti batto,
se mi graffi lo zerbino
non giochiamo a nascondino,
Se non fai le fusa a iosa
io divento pericolosa.
Ti sconfiggo senza barare
E ora tu mi lasci stare.
Sei il mio gatto preferito
E per me sei un vero amico.
Radu Oana e Ficetola Franco
1B

“Bandiere”
E bella la bandiera tricolore
Che sboccia al sole come sboccia un fiore.
Ma le bandiere sono tutte belle,
fatte per sventolare
insieme, come sorelle…
L’italiana, l’inglese, la francese,
la russa, la cinese
e quella di Maometto:
Mille più mille bandiere a braccetto.
Curatella Alessio
1B
(poesia di Gianni Rodari)

Nella poesia “futuro” di g.
rodari si dice che: “ognuno avrà il futuro che si conquisterà”. Le
facili promesse, i facili sogni che all’inizio il futuro regala si
avvereranno solo se ciascuno di noi si impegnerà a realizzarli.
È facile
sognare ad occhi aperti un futuro semplice, magari ricco e pieno di
medaglie. Diventare famosi, fare carriera, laurearsi a pieni voti. A
chi non piacerebbe potersi adagiare sulle promesse che la vita ci
fa, tanto facili quanto fragili? Promesse allettanti, non lo nego,
ma ingannevoli. Credere di afferrare i sogni che ci vengono regalati
dal futuro senza alcuna fatica, soltanto allungando la mano, sarebbe
come camminare sulle nuvole e sperare di non cadere, come correre
sulle nuvole e sperare di non cadere, come correre su un ponte
invisibile, sospeso nel vuoto, apparentemente largo e sicuro, ma che
va restringendosi, cedendo al nostro passaggio.
In
fondo, che interesse ha il futuro nel farci trionfare? Non siamo
forse noi che dovremmo impegnarci a fare (e soprattutto mantenere)
promesse al futuro? Dopo tutto è necessariamente a noi che spetta
rendere il nostro futuro roseo e gioioso e tra l’altro, solo a noi
interessa e sta veramente a cuore.
Il
futuro non può essere visto come una lunga strada spianata che si
snoda e procede senza troppe curve in una natura verdeggiante e
rigogliosa, dove i colori meravigliosi sono accompagnati dall’eco di
canti allegri in lontananza.
Tutto
ciò non è sicuramente quello che si troverà davanti se si continua
a sognare e riposare in attesa dell’adempimento di “facili
promesse”.
Ciò che
invece si troverà non è altro che una porta chiusa a chiave che
invano si tenterà di sfondare a forza di calci e di pugni, mentre
piove a dirotto ed intorno è tutto grigio.
Se però
cominciassimo da adesso ad evitare le pietre della strada impervia
che è in realtà la vita, e stessimo attenti a non cadere nelle
numerose e profonde buche, forse troveremmo la chiave di quella
porta e, dopo la pioggia, scopriremmo di avere trovato quella strada
immersa nel verde. Il nostro futuro ce lo dobbiamo costruire, è
evidente, e l’unico modo per farlo, anche se
inizialmente può sembrarci doloroso, è distruggere i fantasmi delle
false promesse e cercare ad ogni costo di trasformare il sogno in
realtà.
Anch’io
mi impegno quindi, passo per passo, per arrivare dove voglio, anche
se dovessi farlo sudata e stremata, ma, finalmente, veramente
felice.
Angeloni
Francesca II L

IL SOGNO
1) Prima puntata
Sono una ragazza che ama inventare giochi, poesie e fare l’animatrice
all’oratorio.
Mi chiamo Elisabetta, per gli amici Betta, ho 16 anni e frequento il
secondo superiore. Amo la vita e lo studio. I miei compagni
qualche volta mi invitano per uscire sul viale.
Abito in una piccola città chiamata Ladispoli.
Ladispoli è situata sul mare. È una bella città, perché ad esempio ha il
lungomare, che è il mio luogo preferito perché incontro tanti
amici.
Due giorni fa ho letto sul giornale che una ragazza di 15 anni è stata
assassinata in una stradina buia da due giovani.
La ragazza si chiamava Benedetta. Benedetta era una ragazza che
frequentava lo stesso mio istituto.
Era simpaticissima, ogni volta che ero triste mi aiutava a superare quel
momento difficile. Grazie a lei amo la vita. Mi dispiace tanto che
sia morta.
Ogni volta che andavo a scuola mi diceva sempre di stare attenta ai
“tipi strani”, e ogni volta che mi diceva questa cosa, io non
capivo che intendeva dirmi. Due giorni dopo capii il suo messaggio
perché era stata assassinata.
Il tempo passava, i compiti aumentavano e la tristezza scese lentamente
nel mio cuore.
I miei genitori non capivano quei momenti di dolore e di sofferenza.
Loro cercavano di aiutarmi, ma ero sempre più triste.
Passarono i mesi ed ero sempre molto triste finché una notte feci un
sogno molto strano…….
Mi trovavo in una stanza buia e fredda, non riuscivo a vedere niente,
allungavo la mano e toccavo le pareti della stanza e mi accorgevo
che c’era una porticina. Avevo paura, mi tremavano le mani e il
cuore batteva più forte.
Decidevo di aprire la porticina.
Mi trovavo davanti una scala ripida e buia.
Mi facevo coraggio e cominciavo a salire faticosamente la scala, mi
accorgevo che ogni volta che mettevo un piede sulla scalinata, il
gradino s’illuminava, e mi sembrava di essere in paradiso.
Finalmente riuscivo ad arrivare in cima, mi giravo e vedevo la scala
tutta illuminata…..era veramente bello.
Ero stanca, ma anche un po’ tesa.
Mi riprendevo, ad un tratto…
2) Seconda puntata

Ad un tratto vedevo un’altra porticina, senza pensarci la spalancavo e….
c’era un bellissimo giardino con tanti fiori viola, bianchi, rossi
e gialli, simili a piccoli uccellini, cantavano una melodia
incantevole; tra mille fiori profumati, vedevo una fanciulla
seduta sull’erba che stava raccogliendo i fiori e cantava una
melodia piacevole alle mie orecchie.
Io non sapevo dove mi trovavo, allora decidevo di andare da quella
graziosa fanciulla, e io le chiedevo:
- Mi sono persa dove mi trovo?
- Ti trovi in un posto bellissimo, è il paradiso. Qua c’è la pace, la
tranquillità, vieni con me, ti farò conoscere le meraviglie che
Dio ha creato.
Le parole della fanciulla mi penetrarono nel cuore.
Lungo il percorso, la fanciulla mi diceva:
- Migliaia, migliaia di anni fa, il mondo non esisteva: il sole, la luna
e le stelle non c'erano; il tempo neanche, ma non solo: non
c'eravamo neppure noi. C’era però un Dio molto buono che decise di
creare tutto ciò che non esisteva.
Mi colpiva la storia e le chiedevo:
-
Fanciulla dal cuore d’oro come ti chiami?
-
Mi chiamo Benedetta.
Io rimanevo col fiato sospeso, ad un tratto scoppiavo di gioia.
Lei mi diceva con voce bassa:
-
Sono salva, non essere triste per me perché io sono in
Paradiso con Dio.
Mi svegliai con le lacrime, mi alzai in fretta dal letto e andai in
cucina e raccontai il sogno ai miei genitori.
Ero così felice che decisi di andare a ringraziare il signore.
Dopo andai a scuola e ritornai pensando a lei.
Cari amici, da quel momento capii che non bisogna mai scoraggiarsi e che
nella vita non c'è solo il male, ma anche il bene.
Sandra Seferovic 3°i
Il tesoro
dei monaci      
Era in programma una
gita, insieme ai boy-scout, nel bosco della mia città. Mia madre
era contraria, ma dopo una piccola discussione la convinsi.
-Allora, seguite il
sentiero e mettetevi in fila indiana in ordine alfabetico!- ordinò
il capo scout.
Obbedimmo subito:
tutti erano in fila indiana ed io ero l’ultimo.
Ci avviammo subito.
Il sentiero era pieno di sassi e rovi. Io come il mio solito
guardavo affascinato il paesaggio. Ad un certo punto, intravidi in
mezzo agli alberi una strana costruzione. Incuriosito, mi
avvicinai lasciando il gruppo. Quando fui abbastanza vicino,
riuscii a riconoscere la struttura: era un antico monastero. Il
monastero sembrava abbandonato da tempo: le sue mura erano molto
logorate e la porta di legno aveva molte crepe. Girai intorno al
monastero quando vidi due statue a circa 3m di distanza: una
raffigurava un fenicottero, mentre l’altra raffigurava una
tartaruga. In quel momento non capii cosa simboleggiasse, perciò
mi avvicinai verso l’ingresso del monastero. Prima di entrare
pensai a quello che sarebbe successo se il capo dei boy-scout si
fosse accorto che mancavo all’appello. Pensai che se fossi
entrato, mi sarei cacciato nei guai: mia madre si sarebbe
preoccupata a morte e sarebbe successo un finimondo per cercarmi,
ma la tentazione e la curiosità erano troppo forti per resistere,
perciò entrai. Era buio (a parte quei fini raggi che entravano
dalla porta), ma intravidi dei candelabri con delle candele, mezze
consumate. I boy-scout ci avevano detto di portarci dei fiammiferi
o degli accendini, così né approfittai per accendere almeno tre
candele. Una fievole luce illuminò il monastero: era pieno di
librerie tutte vuote, tranne una che possedeva un solo libro. Lo
presi e lo aprii, là dove c’era una foglia secca che fungeva da
segnalibro. C’erano scritte le seguenti parole:
Là dove la tartaruga
e il fenicottero
S’incontrano
troverai la via
per il fiore
solitario che ti condurrà
al tesoro del
Signore.
-
Forse?!…….-
CONTINUA….
Simone Salvatori 3° I

La
maledizione del Castellaccio
Due
ragazzi di nome Mario e Luisa avevano deciso di trascorrere una
giornata al mare, soli, lontano da tutti; avevano preso di
nascosto il motorino ed erano andati nei dintorni di Ladispoli.
All’improvviso si alzò una tempesta di sabbia e stava per
avvicinarsi un temporale. Proprio in quel momento il motorino si
fermò di colpo. I due, rendendosi conto che non ce l’avrebbero mai
fatta a tornare a Roma, cercarono riparo in un luogo che dal di
fuori sembrava molto bello. Entrarono
-Dove siamo? Cos’è questo posto? – chiese Luisa.
Ad
un certo punto una voce, che non era quella del suo amico rispose
dicendo: - Questa è la casa di Don Giacomo, chiamata con il nome
di “Castellaccio”. Un tempo era un casale usato dai viandanti come
sosta, ma da quando il padrone è morto la sua anima vaga nel
Castellaccio -.
Nessuno dei due ragazzi sapeva chi avesse mai parlato, né da dove
venisse quella voce: ma era chiaro che non era una cosa buona.
Ad
un certo punto si accesero delle luci lungo la scala che portava
al piano superiore. Con un po’ di timore Luisa e Mario salirono ed
entrarono in una stanza. Che fosse stato il salone non ne avevano
conferma, ma certo era che doveva essere un ambiente vissuto,
perché c’erano due camini.
La
voce tornò a farsi sentire: - In questa stanza risiedevano le
quattro famiglie di servi del signore del Castello; i camini
servivano per riscaldarle. Attenti, perché se voi li toccherete,
la maledizione del Casale vi colpirà -.
Mario non credeva alla storia della maledizione e si avvicinò ai
camini. Essi si accesero e in quello stesso istante il ragazzo si
allontanò sorpreso e spaventato. I due non sapevano che cosa fare;
avevano molta fame e scesero in cerca di cibo. Trovarono solo una
vecchia bottiglia di buon vino. La presero e si misero a bere
davanti ai camini. Quando furono ubriachi fradici non capirono più
quello che facevano; con un balzo la bottiglia sbatté contro uno
dei camini. Si aprì una botola e i due vi caddero dentro. Quando
si svegliarono si sentirono un po’ storditi; si alzarono e si
trovarono in due luoghi diversi: Mario era imprigionato nella
stalla e Luisa vestita da sposa, contro la sua volontà, stava
sposando il fantasma del signore del Castellaccio, nella piccola
Chiesa.
Mario preoccupato per Luisa, cercò di liberarsi dalle catene, ma
senza successo, fino quando arrivò in suo soccorso un fantasma: se
fosse buono il povero ragazzo non poteva saperlo, ma sentire
quello che aveva da dire era l’unica alternativa.
-
Conosci la giovane bionda con gli occhi azzurri che si sta
sposando nella Cappella del Castellaccio?– chiese il fantasma.
-
Cosa? Sposando? – disse Mario.
-
Sì, perché la conosci? -
-
Se mi farai uscire di qui, sarai profumatamente ricompensato -.
Il
fantasma gli disse: - Non voglio niente! Ti aiuto solo perché mi
sembri un bravo ragazzo… Se ti serve ancora il mio aiuto basta che
fischi -.
Appena uscito dalla stalla, Mario
entrò nella Cappella, fermò quel rito e fece scappare la sua
amata. Non avendo altra via d’uscita, decise di affrontare il
fantasma, stava per fischiare ma… invano perché all’improvviso il
suo avversario era scomparso…
I due ragazzi, colmi di felicità,
si abbracciarono e la maledizione scomparve, così come la
tempesta.
Dopo questa avventura (era
veramente accaduta o si trattò di un sogno?) Mario e Luisa
decisero di far uscire allo scoperto il loro amore.
         
Silvia Tedeschi II M

La primavera
  
Sbocciano i fiori in primavera
e tutti i ragazzi vanno alla fiera
volano farfalle, volano uccellini
e cantano in coro tutti i bambini
cantano allegri, cantano felici
e giocano tutti con i loro amici.
Sbocciano gli amori in primavera,
diventa fresca l’aria di sera,
sento cinguettare la capinera
e il mio cuore è gioioso e spera
che venga in tutto il mondo pace
così che l’odio finalmente tace.
Valerio Pugliese I° I

Emozioni
primaverili 
La primavera
impertinente
non viene da
ponente,
giocano i bambini
tra mille
fiorellini.
Le rondini son
contente
perché son tornate
dai cieli d’oriente.
Si baciano gli
innamorati
mentre noi ci
gustiamo i gelati,
il cielo è sereno
coperto
dall’arcobaleno.
La lucertola sul
sasso riscaldato si è posata
e il gatto del
vicino se l’è mangiata.
Vanessa Cusano I i

Si vedeva
l’orizzonte illuminato dal sole…
Bianche figure
si muovevano spezzando le nuvole…
E lì una
piccola conchiglia veniva raccolta.
Seduta sulla
spiaggia, c’era solo una donna,
una vecchia
signora con grigie vesti strappate,
dall’amichevole aspetto.
Lei stava là:
era Marlyn.
Disse un
gabbiano: “Se non ci fosse lei chi parlerebbe con noi?”
E l’altro
rispose: “Nessuno ha l’animo più chiaro del suo,
non sa che la
sua bontà è grande
e che leggeri
sono i suoi pensieri”.
L’affetto
della donna per quegli angeli bianchi,
che si
muovevano leggeri nel cielo,
era tanto.
Durante il
giorno e verso sera
amava andare
in spiaggia
e raccontare
ai gabbiani
le sue
disavventure e le sue gioie,
comunicare i
suoi pensieri e i suoi bisogni.
Era povera
e aveva per i
suoi piccoli confidenti
ogni giorno
una nuova storia da raccontare.
Una sera la
donna stava lì,
sulla
spiaggia
a contemplare
le nuvole,
quando si
fermò il suo respiro e smise di vivere.
Ora Marylin
giaceva lì,
la sua anima
si alzò e salì al cielo.
Quei piccoli
gabbiani,
che le erano
stati vicini tutto quel tempo,
andarono da
lei,
la adagiarono,
con un leggero
abbraccio sulle loro ali
e piano piano,
l’accompagnarono in paradiso.
Lei, però,
amava ancora il fruscio delle onde
e le piccole
conchiglie raccolte sulla sabbia.
Fu così che si
trasformò in vento
e andò in giro
con i suoi amici gabbiani
raccontando le
sue esperienze e le sue avventure
ai nuovi
compagni di viaggio,
per sempre.
Soldaini Lisa 1 E

La primavera  
e il caldo s’è
portata,
insieme c’è anche
il sole
che fa sbocciar le
viole.
I prati colorati
guariscono i
malati,
i fiori profumati
fan sbocciare i
cuori spensierati.
Ecco i frutti!
Sono proprio buoni
tutti,
tra le fragole e
il limone
c’è di mezzo anche
il melone.
Gli alberi sono la
forza della natura
e non solo perché
danno frutta matura.
Evviva, Evviva, la natura!
Vanessa Cusano I° I

“Sopravvivere
con i lupi” di Misha Defonseca
Questa storia è ambientata negli anni della
seconda guerra mondiale, e parla di una bambina di nome Misha
Defonseca, che come tutti i giorni va a scuola, ma all’uscita
invece della mamma e del papà, trova un’altra signora.
Misha era una bambina ebrea, del Belgio. Questa signora ignota le
dice di sbrigarsi perché era inseguita dai nazisti e la porta da
un’altra signora disposta a tenerla.
Lei
però la tratta male e, soprattutto le fa fare dei lavori come
tenere casa pulita e ordinata.
Misha fa anche altre cose, cioè andare in campagna da quelli che lei
chiamava nonni a prendere da mangiare.
Il
nonno aveva due cani: Ita e Rita. Un giorno Misha sentì la donna
con cui viveva che diceva ad una sua amica che se i nazisti
avessero per caso cercato Misha, lei gliel’avrebbe ceduta. Così
quella notte scappò preparando lo zaino con tutta la roba da
mangiare dentro. Dopo di questo fece un viaggio in più o meno
tutta Europa. Ad un certo punto del viaggio incontrò dei lupi che
abituatisi a lei la trattarono come una figlia e per questo li
chiamò mamma Rita e papà Ita. Però visto che i lupi, vennero
cacciati e uccisi lasciando di nuovo Misha da sola. Ma durante il
viaggio incontrò altri lupi con i cuccioli che si affezionano e
diventano così la sua nuova e unica compagnia.
In classe abbiamo parlato di una storia simile, “vera come
questa”, che parla di un bambino di nome Vanya Mishukov. Lui è
russo di Mosca. A tre anni è stato gettato dalla madre dentro
l’immondizia, mentre il padre era in carcere. Così si ritrova a
vivere rovistando tra i rifiuti insieme ai suoi amici cani che lo
adottano. A sette anni trovò una famiglia che lo accolse. Così
come Misha anche lui ritrovò una famiglia.
Alessandro David / Noemi Zaccagnino 3°I
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