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Ringraziamo "NetCrim" per le musiche ed alcune immagini utilizzate nel nostro sito

 

Mosè, principe d'Egitto, servitore della libertà

(Roma, terza A 2001-2002)

 

Presentazione

La storia che gli alunni di una terza elementare vi raccontano in questa pagina, con testi ed illustrazioni da loro rielaborati a lezione di religione, è frutto di una attenta rilettura della grande vicenda dell'esodo biblico, l'avventura di Mosè, quel principe d'Egitto, che ha ispirato l'ormai noto film d'animazione.

Questa storia ha origini molto lontane che forse è bene ricordare in sintesi per meglio comprenderne il grande significato religioso e non solo dell'intera vicenda.

C'era un tempo in cui un pastore mediorientale, Abramo, abitante dalle parti di Ur, antico centro urbano della Mesopotamia, trovandosi nel deserto a pascolare il suo gregge, sperimentò un incontro del tutto inatteso, unico e particolarissimo: un Dio strano, ignoto, forse assente da quel pantheon che lui conosceva; un Dio che non rivelò mai il suo volto ma fece sentire la sua voce. Questa voce gli chiese un impegno di fede, di fiducia totale, offrendogli in cambio una discendenza numerosa, una terra su cui stabilirsi, una nazione ed una Legge. Abramo accettò l'offerta del suo nuovo Dio e, come un salto nel buio, intraprese il suo viaggio verso l'ignoto...

Le parole del suo Dio si mostrarono ben presto veritiere; da Abramo nacquero Ismaele ed Isacco, da quest'ultimo Esaù e Giacobbe e la discendenza crebbe col passare delle generazioni.

Uno dei figli di Giacobbe di nome Giuseppe (forse più famoso come famoso "il Re dei sogni") dopo le vicende che probabilmente conosciamo, fece trasferire la sua famiglia in Egitto per superare una carestia diffusa nella regione palestinese (la terra di Canaan) e quindi iniziò un discorso d'inculturazione pacifia e collaborativa nella terra dei faraoni.

maestroluigi

 

 

Molti anni fa, in Egitto, con un faraone di nome Ramses II, viveva pacificamente una colonia di ebrei, discendenti della tribù di Giacobbe. Questi lavoravano nei campi e nei cantieri del faraone offrendo il loro contributo allo sviluppo ed allo splendore di quest'antica civiltà. Vivevano in pace con tutti e soprattutto con gli stessi egiziani. Ma ad un certo punto, il faraone e la sua corte si accorsero che la crescita degli ebrei, in numero e benessere, aumentava di anno in anno. Per paura che questo fatto potesse minacciare il regno, decisero di trovare una soluzione definitiva.
Ecco che iniziarono i problemi per gli ebrei. Dopo diversi tentativi falliti il faraone decise di adottare una soluzione estrema: uccidere tutti i bambini maschi del popolo d'Israele per cancellare una intera generazione e quindi impoverire quel popolo che da questo momento la Bibbia comincerà a chiamare "schiavo" del faraone. L'ordine del sovrano fu eseguito immediatamente, così i soldati egiziani entrarono nell'accampamento degli ebrei per cercare ogni bambino maschio e togliergli la vita.
Gli ebrei dell'accampamento furono presi di sorpresa e molti bambini caddero sotto i colpi dei soldati del faraone. Ma una donna ebrea, piena di fede nel Dio dei suoi Padri, approfittando della confusione, riuscì a sfuggire ai soldati e pur di salvare suo figlio da quel brutto destino, decise di abbandonarlo in un cestino di vimini tra le acque altrettanto pericolose del fiume Nilo, sperando che Dio lo proteggesse e lo salvasse. Solo la fede permise a questa donna di non disperare, guardando quel cestino che pian piano si allontanava da lei, scivolando dolcemente sulle acque del fiume.
Dio esaudì le speranze di questa mamma al punto da spingere il cestino del bimbo su una sponda del fiume dove faceva il bagno la figlia del faraone. La principessa e le sue schiave si accorsero del cestino, lo tirarono a riva e rimasero meravigliate per la straordinaria scoperta. La figlia del faraone, entusiasta per quello che le era accaduto, decise di tenere con se il bambino e di crescerlo come un figlio alla corte d'Egitto. A questo bambino diede il nome di Mosè che significa "salvato dalle acque".
Mosè crebbe come un principe egiziano ma la sua origine ebraica non si dimenticava facilmente anzi troppo spesso tornava a farsi sentire fino a quando gli creò un vero problema. Egli, infatti, per difendere un ebreo, maltrattato da un soldato egiziano, colpì il guardiano del cantiere di fronte a tanti testimoni e per evitare la condanna al carcere, imposta dalla legge degli egizi, decise di scappare lontano dalla città verso il deserto.

Qui Mosè visse una nuova esistenza, incontrò una tribù di pastori, si fece apprezzare dal capotribù, sposò sua figlia e si occupò dei suoi animali.

Ma un bel giorno, mentre pascolava il gregge di suo suocero, probabilmente in qualche oasi verde nel deserto, vide un cespuglio che bruciava senza consumarsi, capì che c'era qualcosa di strano e un po' spaventato, un po' incuriosito decise di andare a vedere. Dal cespuglio però uscì una voce che lo fermò dicendogli di togliersi i sandali perché stava calpestando una terra vicino a Dio, quindi sacra. Dio si presentò con il nome di Jhawhe ed incaricò Mosè di tornare in Egitto a liberare il suo popolo. Mosè, superato ogni dubbio decise di tornare dal faraone per compiere la sua missione.
Il faraone quando sentì che Mosè era tornato a casa decise di accoglierlo come un fratello ritrovato, perché i due principi erano cresciuti insieme. Il faraone, sapendo che Mosè aveva qualcosa da dirgli, decise di ascoltare le sue richieste, ben disposto a concedergli il suo perdono e qualsiasi cosa gli avesse domandato. Ma Ramses ben presto si accorse che le parole di Mosè erano folli e cominciò a deriderlo e prenderlo in giro. In un primo momento non si era reso conto delle intenzioni del fratellastro. Mosè invece, forte perché aveva Dio dalla sua parte, decise di mostrargli alcuni segni della potenza di questo Dio ebraico, sconosciuto agli egiziani, per cercare di convincerlo a lasciar andare gli ebrei. Il faraone che credeva di essere un dio, non ascoltò le parole di Mosè  e così facendo, attirò su di se e sul suo popolo un serie di catastrofi, segno della grande potenza di Dio ma causate dalla durezza del cuore del faraone. Quando Mosè fu imprigionato, per l'Egitto e gli egiziani non ci fu più scampo.
L'Egitto fu colpito da dieci terribili piaghe: l'acqua trasformata in sangue; l'invasione delle rane, delle zanzare e dei mosconi; la morte del bestiame; le ferite sulla pelle degli egiziani; la pioggia di grandine; gli sciami di cavallette che divorarono i raccolti ed una lunga notte buia su tutto il regno. Fino a questo punto gl'inviti di Mosè al faraone per la liberazione degli ebrei non ebbero nessuna risposta, anzi il sovrano d'Egitto indurì sempre più il suo cuore attirando su di se l'ultima piaga, la peggiore di tutte le altre...
L'ultima piaga, la morte dei primogeniti d'Egitto, colpì direttamente il faraone che perse il suo unico figlio allora, preso dalla disperazione, decise di lasciar partire Mosè con il suo popolo. Gli ebrei, raccolsero in fretta le loro cose più utili, radunarono il bestiame e tutte le loro ricchezze e si affidarono a Mosè per farsi guidare verso un nuovo destino. La carovana degli ebrei abbandonò la città del faraone e s'incamminò nella notte verso il deserto pieni di entusiasmo per la libertà appena conquistata.
Ma la fiducia in Dio del popolo ebraico venne messa a dura prova molto presto. Il faraone, infatti, decise di non rispettare il suo impegno con Mosè ed organizzò un esercito di soldati egiziani per andare a riprendersi i suoi schiavi ebrei. Il popolo ebraico, chiuso dal mar Rosso davanti e dall'esercito egiziano dietro le spalle, accusò Mosè di averlo portato a morire. Ma Dio, che non abbandona mai il suo popolo, aprì le acque del mare per far passare il suo popolo e le richiuse al passaggio dell'esercito del faraone.

Da questo momento iniziò il vero esodo del popolo ebraico che s'incamminò nel deserto alla ricerca della terra promessa da Dio, la terra della libertà. Ma il popolo non sempre si ricordava dell'impegno assunto con il suo Dio e troppo spesso si lamentava. Un giorno, mentre Mosè era sul monte Sinai a parlare con Dio, il popolo si costruì un idolo, un vitello d'oro e cominciò ad adorarlo ed a far festa. Al suo ritorno, Mosè distrusse l'idolo d'oro e punì i traditori che non si sono pentiti poi ritornò sul monte nella speranza di ottenere di nuovo le leggi da Dio.

Mosè ottenne da Dio il perdono per il suo popolo ed il Signore mise per iscritto questo patto d'amore, scrivendolo su due lastre di pietra, come un vero contratto, che tutti e due (Dio e il popolo) dovevano accettare. Sulle tavole della Legge vennero scritte dieci regole che diventeranno il fondamento di ogni altra parola di Dio per sempre: i comandamenti. I primi tre comandamenti si riferiscono agli impegni verso Dio, mentre gli ultimi sette riguardano i rapporti tra gli esseri umani. Il popolo s'impegnò a rispettarle.

Finalmente il popolo ebbe una Legge (la Torah) scritta sulle tavole di pietra che vennero conservate in un contenitore in legno con decorazioni in oro che si chiamava "Arca dell'Alleanza". Da questo momento il popolo di Dio, camminò seguendo l'Arca verso la terra promessa, con qualche certezza in più: come Dio aveva promesso ad Abramo, Israele è diventato un popolo libero ed ora possiede anche una Legge tutta sua.
L'esodo si conclude con l'ultima promessa di Dio realizzata: una terra per far diventare Israele una vera nazione. Dopo un lungo cammino, durato quarant'anni, il popolo di Dio raggiunse la valle del Giordano, terra di Canaan, abitata dai cananei.

Non sappiamo bene come andarono le cose, a noi piace pensare che gli ebrei dovettero conquistarsi a fatica quell'ultima promessa di Dio. Quindi, riorganizzarono un piccolo esercito, preparano le armi e partirono alla conquista della loro nuova terra.

Quello che avvenne dopo lo sappiamo con un po' più di certezza: Mosè non entrò mai nella terra promessa perché aveva dubitato solo un attimo del suo Dio; Giosuè prese il suo posto e guidò il popolo alla conquista della valle del Giordano, il popolo, una volta stabilitosi nella terra di Canaan iniziò in periodo di grande benessere e (per un po' di tempo)

...tutti vissero felici e contenti.

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© 2002-2004 Luigi D'Orazio
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Ultimo aggiornamento: 26-04-04