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IL CARNEVALE DI ROMA
In Italia la tradizione del Carnevale ha
un primato indiscutibile. Il Carnevale di Roma gareggiava con quello di
Venezia per grandiosità pittoresca e per sovrana eleganza. Essi hanno
ispirato innumerevoli poeti ed artisti che ne hanno fissato immagini
d’abbagliante splendore. Il Carnevale romano ebbe il suo grande momento
sotto il pontificato di Papa Paolo II (1466), il quale volle rimettere
in auge le corse che erano tanta parte delle feste di Monte Testaccio e del
Circeo agonale. Inoltre, ordinò artistiche mascherate organizzandole egli
stesso e sostenendone signorilmente le spese.
Caratteristica del Carnevale romano fu,
per molto tempo, la famosa “Corsa dei barbari”, tanto cara alla
popolazione. Partivano i cavalli da Piazza del Popolo e, a corsa sfrenata,
attraversano la via Lata (il Corso) e venivano fermati in piazza Venezia.
Vi prendevano parte i più rinomati cavalli da corsa, i cui proprietari,
patrizi della più alta nobiltà, della vittoria dei loro cavalli si
facevano un merito morale superiore al premio dei palii assegnati. L’acclamazione
d’un vittorioso barbero (di Barberia) d’un principe, significava infatti,
molto spesso, dimostrazione di attaccamento alla Casa principesca.
La sera dell’ultimo giorno di Carnevale,
le strade di Roma offrivano lo spettacolo d’un agitato mare di fiammelle.
Ogniuno reggeva un moccolotto e cercava di spegnere quello del vicino,
difendendo il proprio. La folla coi moccolotti rappresentava burlescamente
il corteo funebre del Carnevale defunto, il cui simulacro veniva arso in
piazza del Popolo.
IL CARNEVALE DI IVREA
Il
Carnevale di Ivrea è una
rappresentazione storica
vecchia di quasi duecento anni, che si catterizza
per il grande
coinvolgimento emotivo
offerto ogni anno dall’ intera città agli occhi dei visitatori.
In quei giorni, gli Eporediesi diventano
padroni della città raccogliendosi attorno ai protagonisti della
manifestazione- la Mugnaia e il Generale- e a loro seguito, e dando vita a quell’ affascinante ed unico spettacolo che è la BATTAGLIA delle ARANCE. La vicenda da cui questa festa di popolo
trae origine, risale al 1600, quando i vari rioni della città
festeggiavano ognuno per conto proprio il Carnevale, con feste animate da
un accesa rivalità, che sfociavano spesso in violenti scontri. Agli inizi
dell’ ottocento il governo napoleonico, sotto il quale era venuta a
trovarsi Ivrea, impose di unificare i vari Carnevali rionali in un’unica
festa, per mitigare lo spirito acceso degli Eporediesi.
Fu inoltre consentito a un cittadino
Eporediese di vestire i panni di Generale del esercito napoleonico e
circondarsi di aiutanti di campo e di ufficiali di stato maggiore, di
ispirazione bonopartista.
A quest’ epoca risale anche l’ obbligo
per tutti di indossare il berretto frigio del caratteristico colore rosso,
simbolo della rivoluzione francese. Ma lo spirito di libertà degli
Eporediesi è in realtà ancora più antico: già nel 1194 essi insorsero
contro il conte Ranieri di Biandrate, posto al governo della città da
Federico Barbarossa. Si narra che, secondo l’usanza del tempo il tiranno
pretendesse di esercitare lo “jus primae noctis”, ovvero di passare con le
spose la prima notte di nozze. Questa sorte toccò anche a Violetta la
bella figlia di un mugnaio, che riuscì però a ribellarsi alle pretese del
signore mozzandogli la testa con un pugnale nascosto sotto la veste
nuziale. Mostrando la testa del tiranno al popolo degli Eporediesi,
raccolto sotto gli spalti dell’antico Castellazzo, la mugnaia scatenò una
rivolta popolare che portò alla distruzione del castello.
IL CARNEVALE DI VENEZIA
Festa che si ripete ogni anno in
occasione del Carnevale a Venezia. La sua origine risale probabilmente ai
festeggiamenti indetti nel 1662 per la vittoria del doge di Venezia sui
patriarca di Aquileia.
Il Carnevale veniva inizialmente
celebrato il solo giovedì grasso, con gare, fuochi d’artificio, giochi e
spettacoli ai quali partecipava tutta la popolazione. Nel settecento i
nobili si camuffavano con la bauta, una mantellina nera di velluto o seta
con cappuccio, alla quale era fissata una maschera a coprire anche il
volto; i diversi quartieri della città elaboravano maschere o costumi
propri, così come le varie corporazioni di mestiere. Con il tempo, la
dimensione spettacolare e di divertimento collettivo del Carnevale prese
il sopravvento sul valore simbolico della festa, che doveva rappresentare
l’ultimo tripudio di gioia e sfrenatezza prima del periodo di penitenza
della Quaresima. Nello scenario suggestivo del Canal Grande popolo ed
aristocratici familiarizzavano e passavano la notte cantando e bevendo
allegramente. Centinaia di gondole illuminate scivolavano sulle acque
della laguna creando uno spettacolo fantastico.
Nel 1981 è stata realizzata la fusione
tra l’immagine del Carnevale e quella del teatro, rievocando riti
medioevali e addirittura festività precristiane. Fino ad allora il
Carnevale di Venezia era stato simile a quello di altre città italiane,
lasciando a testi e a vecchie fotografie la tradizione dei secoli d’oro
della Serenissima.
A mano a mano il Carnevale ha assunto
una veste tutta sua, sicuramente di grande suggestività e fascino. Il
merito va alle maschere,i fantasmi di oro e seta che si agirano per calli
e campielli dando vita ad un vero e proprio stile nel travestimento
carnevalesco in cui si fondono Medioevo, Rinascimento e settecento
veneziano.
IL CARNEVALE DI VIAREGGIO
Il Carnevale di Viareggio nacque nel
1873, quando ad alcuni “signori” del luogo venne in mente di organizzare
una domenica diversa, realizzando un
corteo di carrozze addobbate con fiori che andavano su e giù per la Via
Regia, strada principale della città. In quell’occasione fu organizzata
anche una mascherata di protesta dei cittadini, costretti a pagare troppe
tasse, e fu preso in giro proprio il capo degli esattori comunali.
La sfilata piacque molto sia ai promotori
che ai cittadini e nacque così l’idea di realizzare ogni anno dei carri
che interpretassero umori e malumori della gente.
Viareggio da allora è diventata la patria
del Carnevale italiano, con i suoi corsi mascherati caratterizzati da
carri allegorici in cartapesta: delle vere opere d’arte alla cui
realizzazione i carristi viareggini dedicano un intero anno. Non c’è
politico, uomo di coltura o di spettacolo di ogni parte del mondo che non
sia stato preso di mira, divenendo il protagonista di uno quei carri che
sembrano prendere vita durante la sfilata, muovendo le braccia, aprendo la
bocca non tanto gli occhi. Su ognuno di essi trovano posto anche ragazzi
e bambini che lanciano coriandoli e stelle filanti agli spettatori
divertiti.
Durante tutto il periodo vengono
organizzate anche feste mascherate nei diversi rioni della città e
numerose manifestazioni di spettacolo, sport e cultura.
IL CARNEVALE DI
PUTIGNANO
Siamo a Putignano, in Puglia: qui il
Carnevale, oltre ad essere legato ad una serie di corsi mascherati con
carri allegorici in cartapesta realizzati, secondo una consolidata
tradizione da abilissimi artigiani del luogo, è caratterizzato da alcuni
riti di origine popolare.
Il Carnevale ha inizio il 26 dicembre con
la Festa delle Propaggini (lunghi tralci di vite che vengono interrati per
la parte inferiore), rassegnava di umorismo e satira in versi e strofe,
ispirati a fatti e personaggi della città le cui origini, di carattere
religioso, sono antichissime. Uno dei riti più antichi è lo “Ndondaro”,
rumoroso corteo di gente vestita da contadino, guerriero o altrimenti, che
percorre le vie della città cantando e suonando strumenti improvvisati.
“Ndondaro” è un termine dialettale legato al movimento dell’altalena.
Nel pomeriggio del lunedì grasso si
svolge l’estrema unzione del Carnevale, parodia di un vero e proprio rito
liturgico, con tanto di chierichetti e di preti.
Nel pomeriggio del martedì grasso si può
assistere al funerale di re Carnevale: la sua bara viene accompagnata
dalla moglie, che piangendo ne descrive le virtù, e da un corteo di donne
che intonano canti raccapriccianti, interrotti da forti di urla. Alla fine
della processione si da fuoco alla bara o al fantoccio che rappresenta il
Carnevale.
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