"galois" <igalois@iol.it> ha scritto nel messaggio
> Ho letto più volte il documento sintesi lavori 13/5/1997 e devo dire di non
> averlo trovato così delirante.
> Ecco alcune righe che ho apprezzato, pur nella consapevolezza, della
> impossibilità di una attuazione immediata su larga scala data la realtà
> attuale della nostra scuola:
>
> "2.1 Compito prioritario della nuova scuola è la creazione di ambienti
> idonei all'apprendimento che abbandonino la sequenza tradizionale lezione -
> studio individuale - interrogazione per dar vita a comunità di discenti e
> docenti impegnati collettivamente nell'analisi e nell'approfondimento degli
> oggetti di studio e nella costruzione di saperi condivisi."
E questo pattume veterocognitivista non è un
delirio?
Scusami, ma, se ho imparato qualcosa e se ora sono in grado di studiare
quello che mi pare in modo autonomo, lo devo proprio alla "sequenza
tradizionale".
Se pensi che sia utile sostituirla con la "classe laboratorium e non più
auditorium" o con "l'insegnante che va a scuola per imparare e non per
insegnare" e via delirando, fammi sapere dove e quando queste trovate (in
verità piuttosto vecchie) hanno dato risultati positivi.
Per quanto ne so io, sono state un disastro, ma posso essere male
informato e sono disposto a cambiare opinione.
> Il videogioco (la simulazione) permette di apprendere dall'esperienza in
un
> modo che prima era impossibile. E' una cosa che un educatore non dovrebbe
> ignorare. Pensi davvero di sapere quanto basta per emettere un giudizio
> sulle potenzialità cognitive di questa realtà?
Il medico che mi cura deve aver studiato sodo e
lavorato sodo in corsia;
l'ingegnere che progetta la mia casa deve aver studiato sodo e lavorato sodo
nei cantieri; la maestra di mio figlio deve avere una conoscenza sicura dei
rudimenti della lingua italiana e dell'aritmetica etc.
Un medico, un ingegnere o una maestra che si siano formati con i
videogiochi, li lascio volentieri agli altri.
>il libro mi è sembrato, dal punto di vista pedagogico, culturalmente nullo
Spiacente, ma non condivido: il fatto è che
non è scritto in didattichese;
quanto al resto Russo è più uomo di scuola di Maragliano, ha in mente gli
studenti reali e non quelli virtuali.
>Anche la critica a Maragliano è assai superficiale.
> Sostanzialmente mostra di conoscerlo molto poco.
Giudica tu chi sia più superficiale (Segmenti
e bastoncini, II ed., p.90):
"Il videogioco è la più grande
rivoluzione epistemologica di questo
secolo. Ti dà una scioltezza, una densità, una percezione delle situazioni e
delle operazioni che puoi fare al loro interno che permette di esaltare
dimensioni dell'intelligenza e dello stare al mondo finora sacrificate dalla
cultura astratta.
L'obiettivo di deconcettualizzare l'insegnamento, espellendo i concetti
astratti dalla scuola, è evidentemente ben chiaro a Maragliano. In lui
l'entusiasmo per le nuove tecnologie è quello tipico dell'acquirente
passivo, felice della novità e potenza del nuovo giocattolo, gioioso di
immergersi totalmente nella realtà virtuale del gioco, ma apparentemente
disinteressato sia alla comprensione della tecnologia (ovviamente
inaccessibile ad un pedagogista) che agli scopi per i quali potrebbe essere
usata (che esulano dalle competenze di uno specialista in tecnologie
multimediali). Si desidererebbe che Maragliano fosse lasciato giocare in
pace."
> Le tecnologie vengono però intese in modo riduttivo (senza fantasia)
> semplicemente per fare meglio ciò che si faceva anche prima.
Così è di tutti gli strumenti inventati
dall'uomo, dalla ruota al DVD.
>Non vengono
> studiate per esplorare le nuove prospettive che potrebbero aprire, per
> esempio, in campo educativo.
Ribadisco che queste "nuove
prospettive" sono in parte già vecchie (cfr C.
STOLL, Miracoli virtuali, tr. it. Garzanti 1996).
Perché dobbiamo imitare gli americani proprio nelle cose sulle quali
stanno pensando di cambiare rotta? Dobbiamo essere sempre e comunque la
provincia povera (e stupida) dell'impero?
> Negli stati uniti c'è tutto e il contrario di tutto. Anche in questa
> generalizzazione di Russo c' è tutta la superficialità del suo libro.
Torno a ripetere che non condivido e ti ricordo
che Russo in America è
vissuto ed ha insegnato. Io stesso in un recente viaggio negli Stati Uniti
ho potuto constatare che il suo libro non racconta affatto frottole.
> Cito ancora Papini (1914) e dimmi se
> hai mai visto queste cose nella nostra scuola:
> -l'immobilità dello spirito obbligato a ripetere invece che a creare
> -lo sforzo disastroso per imparare con metodi imbecilli cose inutili
> - l'annegamento sistematico di ogni personalità, originalità ed iniziativa
> nel mar nero degli uniformi programmi
Non nelle mie ore e, credo, neppure in quelle
di tanti colleghi che
conosco e stimo.
> > Non ti sfugge forse che il sistema
scolastico americano, da tempo assai più
> > "tecnologico" del nostro, ha dato risultati pessimi?
>
> La tecnologia è stata usata male, come accade anche qui, leggi le critiche
> di Papert nei documenti che ho raccolti.
E per quale evento miracoloso pensi che in
Italia, dove non funziona
neppure la gestione ordinaria della scuola, dovrebbe avere successo ciò che
è fallito in America?
>Russo non ha considerato che la nostra scuola si è lentamente trasformata da
> scuola selettiva a scuola di massa. Molti pensano ancora che insegnare in
> una scuola o nell'altra sia la stessa cosa. In realtà non è così, una scuola
> di massa va ripensata completamente.
A me non piace nemmeno il termine 'massa', che
mi ricorda tanto i 'prolet' di Orwell.
Altra cosa è la scuola "per tutti", cioè per ciascuno secondo le sue capacità
e le sue inclinazioni, a prescindere dalle sue possibilità economiche.
Cinquant'anni fa la scuola selettiva era quasi sempre classista; oggi per rimediare si
vuole abbassarne il livello per tutti (ed è quello che in parte è già avvenuto).
Spiacente, ma non ci sto: sarebbe come dire che, poiché non tutti hanno i
mezzi per andare a Parigi a vedere la Gioconda, bisogna darne una foto a tutti e poi
distruggerla.
Non praevalebunt.
Luca Lattanzi
Risposta Galois
Risposta McKenzie