L'alchimia
metallica (via secca) e quella degli Elisir o Quintessenze (via umida) fu
riscoperta nell’occidente europeo nel tardo medioevo in gran parte dalle
traduzioni dei trattati alchemici dell’era della Magna Grecia e dalle
traduzioni scientifiche arabe introdotte in Sicilia ed in Spagna.
Ancora per motivi religiosi dovuti alla difficoltà di integrazione con le
concezioni sviluppate nell'Islam, gli studi alchemici furono proibiti
dalla chiesa cristiana e gli alchimisti perseguitati e condannati dalla
sacra inquisizione. Solo nel periodo del tardo medioevo in Europa, in
alcuni casi rimasti famosi, gli studi alchemici furono approfonditi da
personaggi potenti sia tra la nobiltà sia nella sfera ecclesiastica, tra
essi Alberto
Magno
(1193-1280), Ruggero
Bacone (1214-1294),
e lo stesso Tommaso
D'Aquino(1226-1274). Cecco
d’Ascoli autore
del libro alchemico "L’Acerba", non essendo un potente, fu
messo al rogo a Firenze il 17 Luglio del 1327.
Raimondo
Lullo
(Ramon Llull di Palma de Majorca 1232-1315) discendente di un antico
casato aristocratico e pertanto vicino alle leve del potere, fu uno tra i
più famosi alchimisti europei; egli tentò un'interessante
giustificazione dell'Alchimia in relazione al concetto di "libero
arbitrio" dell'uomo, così da farla accettare nell’ambito della
teologia della chiesa cristiana. Nel "Liber de segretis naturae seu
de quinta essentia" il ragionamento di Lullo in favore dell'Alchimia
fu all'incirca il seguente: "Dio non può fare quello che vuole, ...
perché Egli può esercitare solo il bene" L'uomo invece può
incorrere nel male perché ha a disposizione solo il calore del fuoco, per
portare a purezza le cose terrene, ma con l'aiuto dei principi essenziali
e con la fede potrà in futuro concepire e realizzare delle
"trasmutazioni" naturali come già è in grado di compire utili
trasformazioni artificiali degli elementi naturali.
Perciò l'Alchimia, che è la vera arte nel promuovere il sapere, non può
essere condannata dalla Chiesa, in quanto la scelta tra il bene ed il male
appartiene al libero arbitrio dell'uomo; quest’ultimo è frutto della
sua ignoranza, ma l’ignoranza umana stessa è stata voluta dalla
giustizia di Dio e quindi è un bene dal punto di vista del Dio Padre
Onnipotente.
Quindi l’uomo può sbagliare provando e riprovando nella ricerca della
Purezza, mentre Dio non può aver commesso assolutamente alcun errore né
alcuna 'ingiustizia. Sulla base di tale ragionamento e convinzione.
Raimoldo Lullo è rimasto famoso sia per la revisione di molti errori che
egli attribuì ad errate convinzioni alchemiche di alcuni suoi
contemporanei e predecessori, sia per la sua tenacia nel difendere e
divulgare gli studi alchemici.
In seguito, pur lentamente gli studi alchemici sulla
"trasmutazione" degli elementi, ottennero anche per il lavoro di
difesa e di chiarezza impostato per primo da Raimondo Lullo, una profonda
trasformazione concettuale che permise di realizzare in occidente lo
sviluppo dell'alchimia in scienza chimica.
Firenze
fu uno dei centri di sviluppo dell'Alchimia Rinascimentale proprio in
quanto Cosimo I° dei Medici (1517-1574) fece tradurre e diffuse prima in
latino e poi in volgare il "Corpus Alchemico" di Ermete
Trimegisto.
Cosimo dei Medici volle così importare a Firenze una nuova cultura in
modo da rendere libera la Toscana dalle influenze del potere temporale dei
Papi e quindi fu mecenate del rifiorire di una nuova cultura
rinascimentale che ebbe origine da un processo di integrazione
dell'antichissima cultura alchemica con l'emergente capacità produttiva
artigianale fiorentina nella fusione dei metalli, nella preparazione e la
fissazione dei coloranti per le stoffe e gli arazzi e nella preparazione
dei medicamenti in farmacia da parte della potente corporazione fiorentina
degli "speziali". L'alchimia fu vista dal casato dei Medici come
una cultura globale e quindi più adatta a salvare il mondo
perfezionandone la sua natura, compresa quell'umana, con una finalità non
limitata alla salvezza dell'uomo, come richiedeva la tradizionale
impostazione culturale dell’alchimia di indole mistica; in tal senso la
riscoperta dell'alchimia ermetica fu considerata a Firenze un'utile
componente di un processo di rinnovamento culturale capace di superare il
medioevo.
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