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 Per quasi tremila anni, dall’inizio delle
            dinastie faraoniche (2850 a. C.) all’anno della conquista romana
            (30 a. C.),  lungo il corso del fiume Nilo si è sviluppata una
            delle più grandi civiltà della storia, quella egizia.
            L’espressione artistica più importante di questa civiltà è
            collegata soprattutto alla costruzione delle tombe dei re, delle
            piramidi, e agli oggetti, ai dipinti e alle sculture in esse
            ritrovati. Alcune piramidi hanno una dimensione colossale (la
            piramide di Cheope, la più grande del gruppo di Giza, è alta 146
            metri ed è 253 metri di lato), in esse veniva conservato il corpo
            del faraone. I costruttori progettavano anche sistemi di
            fortificazione e trabocchetti interni in modo da impedire che il
            sepolcro venisse profanato e il corredo rubato.
            La costruzione e la decorazione di una piramide richiedevano
            l’impiego di molte persone e un grande dispendio di energie e di
            ricchezze. Le dimensioni della piramide cambiavano il paesaggio, ma
            era proprio questa la volontà del faraone: lasciare sul territorio
            un segnale eterno della sua presenza. La civiltà egizia aveva un
            particolare culto dell’aldilà: per accedere al mondo dei morti,
            il defunto doveva conservare le proprie sembianze – per questo
            veniva mummificato – e partiva per quel viaggio senza ritorno
            accompagnato dai vestiti, dai gioielli, dai giochi, dalle
            suppellettili che aveva posseduto in vita. Nelle tombe sono state
            rinvenute addirittura notevoli quantità di cibo che era necessario
            al defunto lungo il tragitto. Nelle tombe si sono scoperti, oltre
            agli oggetti, molte rappresentazioni, sia dipinti che bassorilievi,
            delle attività che il defunto svolgeva personalmente in vita o a
            cui sovrintendeva per conto del re: scene di lavori artigianali e
            agricoli, scene di vita quotidiana, raffigurazioni di animali
            cacciati o allevati, di attrezzi per l’agricoltura e di armi.
            Questi dipinti e bassorilievi costituiscono fonti preziose per
            sapere come venivano coltivati i campi, come erano lavorati i
            metalli, l’argilla o le pietre. L’arte degli Egizi era molto
            colorata: i grandi edifici pubblici e il palazzo del faraone erano
            costruiti in mattoni ricoperti di intonaco dipinto e bandiere
            colorate sventolavano contro il cielo azzurro. I dipinti sulle
            pareti delle tombe e dei palazzi erano coloratissimi, pure così i
            bassorilievi e le sculture. L’arte era praticata da artigiani
            specializzati, che obbedivano a precise regole: esse definivano le
            misure e le proporzioni con cui dovevano essere rappresentate le
            figure umane. Lo stile dell’architettura, della pittura e della
            scultura, non si modificò molto nei tremila anni di storia di
            questa civiltà. Nella pittura e nella scultura le forme sono
            stilizzate e ripetute secondo formule fisse. Ma in molti casi,
            specialmente quando le figure ritratte non sono il faraone o i
            nobili, ma la gente comune colta nelle occupazioni quotidiano, lo
            stile diventa più sciolto, naturale, a volte straordinariamente
            vivace. L’arte  egizia, che a volte è stata definita monotona e ripetitiva,
            si rivela anche vivace e capace di descrivere gli uomini durante la
            vita di tutti i giorni.                          a cura di
        Martina
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